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La Venezia che non ti aspetti.

Quanti di voi hanno vissuto la meraviglia di vedere questa stupenda città con i propri occhi?
Noi abbiamo avuto questo onore oramai 8 anni fa. Ma i ricordi di quel viaggio sono vividissimi.
Quell’odore di mare e umidità che ti permea le ossa, le stupende ville che si specchiano in tutta la loro maestosità su quegli stretti canali in un gioco di riflessi e colori, piazza San Marco, i ponticelli, le chiesette nascoste, i dettagli, le pantegane (sì anche quelle), i colori di Burano…
C’è uno strano senso di libertà nel viaggiare, specialmente se è un momento di spensieratezza da condividere con la persona che ami, come se alcune cose potessero rimanere indietro.

In realtà niente rimane indietro. Dio ha promesso di essere al nostro fianco sempre. E man mano che vivo, questa realtà è sempre più concreta. Forse prima non ci fai caso, pensi sia il “caso”, ma dietro a quello che comunemente si chiama “caso” c’è la mano di Dio all’opera.

Stavamo aspettando il traghetto per andare a visitare l’isola di Burano. Ne avevo sentito parlare molte volte, avevo visto immagini che la ritraevano ma non avevo idea di cosa mi aspettasse, e nè avevo idea di cosa Dio avesse in piano per me.


Salimmo sul traghetto. Mi voltai. E vidi un enorme palo al quale era ancorato il traghetto, e su questo palo erano conficcati dei chiodi enormi, arrugginiti, belli sporgenti, quanto bastava per permettere alla corda che ci teneva ancorati a lui di non finire in acqua.
Fu come un flashback che mi ha riportato alla crocifissione di Cristo. Quei chiodi ebbero per i minuti successivi tutta la mia attenzione. Il mio cuore e il mio stomaco si contorcevano all’idea che chiodi simili erano stati conficcati nelle mani e nei piedi di Cristo.

Mi arrabbiai con Dio.
Quante volte lo facciamo, lo faccio… recalcitro quando Lui vuole insegnarmi qualcosa che lì per lì fa male, ma poi porta verità e maturità nella nostra vita. E la verità della croce porta con sé un messaggio importantissimo.
Non capivo quale motivo avesse per “invadere” il “mio” spazio, la “mia” vacanza, i “miei” sentimenti di gioia e allegrezza con un messaggio così crudo e forte. Perché proprio ora?
Nonostante i miei 12 anni dal battesimo forse dovevo interiorizzare ancora meglio qualcosa. E quel “qualcosa” ora lo chiamo “la forza della Croce”.
La crocifissione è sicuramente una delle torture più atroci che esistano. Non puoi alleggerire il peso sulle mani puntando sui piedi perché significherebbe fare pressione lì dove punta il chiodo sui piedi, e non puoi alleggerire la pressione sui piedi perché significherebbe aumentare la pressione sui chiodi che sorreggono le mani. Aggiungiamo a questo le torture delle frustate, la corona di spine, il costato trafitto…

E tutto questo… per me?
Una ragazza ingrata che in quel momento non voleva intrusi nella sua vacanza?
Carlo vide il mio viso… capì subito che dentro di me stava succedendo qualcosa.
“Cosa succede?” mi chiese.
Io, superba, ingrata, vergognosa “Niente”.
“Che c’è?” mi richiese più dolcemente.
In mezzo a tutta quella gente non volevo parlare di quello che stavo provando.
Accennai un “Quel palo… quei chiodi… mi ricordano…la…”
“La Crocifissione di Gesù… Dillo, non esitare…” disse lui con quella sua semplicità disarmante. Io non avevo il coraggio di dire quelle parole. Non lì, non in quel momento. Le disse lui per me.
Mi voltai, guardai il mare, e lasciai che la brezza portasse via le lacrime ingiuste che rigavano il mio viso.

Mi stavo vergognando di Cristo.
Mi sentii come se lo stessi tradendo.
Sara. Avresti dovuto esserci tu su quella Croce. Era la tua carne quella che doveva essere forata, non la sua. Eppure lui era lì appeso. Per te. Perché Dio ha scelto di amarti quando ancora non lo conoscevi dandoti una via al suo cuore. La grazia, non ricordi? Gesù al posto tuo.

La grazia.
Quella alla quale mi appellai immediatamente per “rimediare” a quanto avevo fatto… o meglio, NON avevo fatto, ovvero essere testimone in ogni momento del suo amore e della sua grazia.
Quella alla quale mi appello tutti i giorni per “rimediare” alle miliardi di cose che sbaglio e che voglio migliorare di me.
Già, “rimediare” l’ho messo volutamente tra virgolette ben due volte. Sì, perché l’unico suggerimento che Cristo dà al peccatore è “Và, e non peccare più”: non indugiare nell’errore, correggiti, non perché da solo puoi dimostrargli quanto vali, ma perché, reso libero dall’amore di Cristo per te dal dover dimostrare chissà cosa, tu possa nella libertà cambiare per amore di Cristo.
E per amore di Cristo poi sei disposto a fare cose che prima non avresti mai fatto. La croce ci potenzia. Ecco perché la chiamo “la forza della Croce”.

E io dovevo andare a Venezia per capirlo.

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Quando basta uno sguardo per sentire l’altro

Chi mi conosce sa che ho una certa passione per l’arredamento. Mi piace molto entrare in un ambiente e iniziare a immaginarne le potenzialità (col senno di poi avrei potuto fare anche architettura di interni, ma Dio sa perché io abbia intrapreso tutt’altra carriera – questa però è un’altra storia).
C’è un filone dell’arredamento e della decorazione che mi intriga molto: lo Shabby Chic. Sarà la mia voglia di avere sempre a che fare con una sfida nuova, ma ammetto che non passa anno che non mi butti nel restauro o recupero di cose le più disparate: mobiletti, tavolini, pallet, pezzi di legno… e a tutti questi dono un volto nuovo e un nuovo scopo, nonché un’altra possibilità di utilizzo prima di finire in discarica. E ogni volta che metto mano a qualcosa da sistemare (perché io sistemo, non “shabbo” – termine che va moltissimo attualmente ma usato spessissimo in maniera impropria) penso a come Dio con tanta pazienza abbia fatto lo stesso con noi: ha preso le nostre vite senza senso o con un senso apparente, alcuni di noi erano pronti per la discarica, senza più speranze né futuro, e ci ha rifatti a nuovo, dandoci una nuova veste, cambiandoci da dentro a fuori e dandoci nuovi obiettivi.
Ma ritorniamo alla passione per l’arredamento. Voglio raccontarvi un aneddoto che mi ha colpito molto e che mi è successo circa 7 anni fa.

Un giorno scoprii per caso che un albergo del luganese svendeva i suoi arredi perché si rinnovava completamente. Passai a prendere la mia compagna di avventure – mia madre – e ci dirigemmo verso un proficuo “bottino”.
Fra le cose che notai in un angolo c’era un quadro di grandi dimensioni dalla cornice incrinata, a dire il vero si trattava di una stampa di ottima fattura di un artista che non avevo mai sentito nominare. Lo presi, gli diedi uno sguardo, e venni rapita dall’immagine. C’era qualcosa in quella espressione di colori e forma che mi trasmetteva emozione e pace. E come ben potrete immaginare alla fine presi il quadro nonostante la cornice non fosse ben messa.
Arrivammo a casa e nei giorni successivi continuavo a guardarlo (e credetemi, lo faccio ancora oggi con emozione). Alla fine mi decisi a cercare informazioni sull’artista e con mio grande stupore scoprii che si trattava di un uomo di circa 70 anni, olandese, ma soprattutto convinto credente in Cristo! Fra i suoi lavori si trovano quadri sui salmi, altri ispirati alle vicende di Gesù, e una lunghissima serie di fiori e immagini della natura, che già da sola con la sua bellezza basta a raccontare le meraviglie di Dio.

Il mio cuore fece un sobbalzo e il mio spirito con lui. Era bastato uno sguardo al suo dipinto (che apparentemente non aveva niente di “cristiano”) per percepire la bellezza del suo animo e il suo amore per Dio.
Ma so bene che in realtà, come lo è per me, anche per l’artista in questione vale lo stesso principio: non siamo stati noi ad amare Dio per primi.
Ma Dio, nel suo immenso amore, ha visto due esseri che oramai non avevano più valore, li ha presi, li ha lentamente lavorati (e continua a farlo) per dargli una nuova vita e un nuovo scopo.
E poi… con solo uno sguardo, li ha connessi.
Magari lui non saprà mai che esisto.
Ma come io spero e prego che quello che scrivo, sia testo o musica, lasci il segno in coloro che leggono o ascoltano, sono convinta che anche per lui valga lo stesso.

PS. Il quadro è ancora a casa nostra. E ha ancora la cornice rotta… forse a ricordarmi la perfezione e eternità dell’incontro divino e la decadenza di quello terreno.


Da questo conoscete lo Spirito di Dio: ogni spirito, il quale riconosce pubblicamente che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio…
In questo si è manifestato per noi l’amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo affinché, per mezzo di lui, vivessimo. In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. 

1Giovanni 4:2,9-10
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Vicini ma lontani!

Queste tre parole caratterizzano il ricordo che ho di mio nonno, Mauro.
Potreste pensare che vivessimo a centinaia di chilometri, invece vivevamo nella stessa provincia, io con i miei genitori a Como, lui da solo a 5 km di distanza in un paesello dell’Insubria (ho perso mia nonna quando avevo 7 anni, e lui quando ne avevo 14).
In quel “Vicini ma lontani”, ripetuto più volte nel tempo, nonno intendeva un mucchio di cose: era abbastanza lontano nel senso di discreto, distante, per permettere alla mia famiglia una piena autonomia e libertà decisionale; non è mai stato pesante, pressante o possessivo, piuttosto autonomo e che spronava gli altri all’autonomia. Uomo abituato ai traslochi (è stato in grado a 67 anni di farne ancora uno senza troppo pensarci su) era sempre pronto e aperto al cambiamento tanto da accettare Cristo e battezzarsi all’alba dei 70.
Allo stesso tempo era vicino. Vicinissimo. Ricordo il suo fare dolce, calmo amichevole, sicuro di sé… sempre pronto a farmi scoprire una delle sue mille passioni, sempre interessante, sempre giocherellone ma mai esagerato, sempre equilibrato. Sapeva benissimo quali fossero i limiti e non li valicava mai, per il bene di tutti. C’era sempre aria di libertà intorno a lui. E lui era nonno, e io la nipote, suo sangue.

Perché vi sto raccontando questi dettagli?
Oggi ho sentito una cara amica che è risultata positiva al covid. Ci conosciamo da quando siamo piccole. Non ci sentiamo spessissimo, ma sappiamo di esserci l’una per l’altra. C’è un amore che va al di là della frequentazione, io lo chiamerei “legame di sangue” e ovviamente mi riferisco al fatto che anche lei è una cristiana e il nostro legame di sangue esiste grazie al sangue di Cristo sparso per noi.

Mi ha scritto che per lei era confortante saperci vicini.
E io le ho risposto “Siamo sempre vicini, siamo membri di un unico corpo. Come potremmo mai stare lontani?”

E mi è venuto in mente il brano in cui Dio chiede a Caino dove si trovasse suo fratello Abele (vedi Genesi 4:9) Caino risponde seccamente “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”.
La risposta di Dio mi fa ogni volta tremare le ginocchia: “CHE HAI FATTO?”.
Solo su queste tre parole ci sarebbero da scrivere decine di righe.
Forse la frase che sto per dire è un po’ forte, ma ci sta.

DIO VUOLE CHE SIAMO GUARDIANI DELLA VITA DEI NOSTRI FRATELLI. Nel bene e nel male abbiamo una responsabilità nei confronti delle persone che Dio ci mette accanto. E prima ci rendiamo conto di quanto è importante questa cosa, meglio è.

Colossesi 3:5-17 ci dà un’idea molto chiara di come Caino avrebbe dovuto comportarsi nei confronti di suo fratello e nei confronti di Dio (andatelo a leggere con attenzione). E questo non è l’unico elenco di questo genere. In un sacco di altri punti del Nuovo Testamento si parla di correggersi, di esortarsi, di recuperarsi reciprocamente.
E questo non si fa solo con una preghierina “placa coscienza” rivolta a Dio per i nostri fratelli. Questa è pura religiosità.

Noi siamo chiamati a costruire RELAZIONI.
RECIRPOCHE.
Di AMORE in CRISTO.
NON SOFFOCANTE.

Pensateci bene.
La correzione fatta nella pressione e nella coercizione diventa tortura.
L’esortazione fatta nella pressione e nella coercizione diventa imposizione.
Il recupero fatto nella pressione e nella coercizione diventa una falsità di breve durata.

Ricordiamoci che siamo un corpo. Un’organo del corpo non può fare male ad un’altra parte del corpo stesso. Se questo avviene si inizia a parlare di cancro o di malattie autoimmuni.

Ma la crescita, la cura reciproca nell’amore per mezzo della rivelazione di Cristo che abbiamo tramite il suo Spirito Santo produrranno sempre vita. Ognuno deve fare esattamente quello che Cristo – il capo – lo ha chiamato a fare proprio come il membro del corpo esegue gli ordini che arrivano dal cervello. Ma l’interconnessione che c’è fra organi è innegabile, fosse soltanto anche per il flusso di sangue che vi scorre (… toh, quello che poco sopra ho soprannominato legame di sangue).

Siamo vicini, fratelli. Più di quanto immaginiamo.
Ma ricordiamo che dove c’è Cristo c’è libertà.
Lontani… ma vicini.

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Aria di casa

Avevo appena preso Irene dall’asilo e stavamo ritornando nel nostro comune.
Sulla strada del rientro ho proprio avvertito quella bella sensazione di essere vicina a casa, in un luogo che conosco bene, del quale conosco ogni buco sulla strada, ogni albero, nel quale mi so districare con dimestichezza…
E ragionando ancora ho pensato che in realtà c’è voluto del tempo prima che dentro di me potessero stratificarsi immagini, dettagli, profumi, luci, che mi facessero riconoscere questo piccolo paese come “casa” e a farmi sentire parte, dimorante, residente…
Anche per sentirsi a casa nel nostro condominio c’è voluto del tempo: tempo per conoscere i vicini, la struttura, la storia, ogni singola crepa…
Idem per il nostro appartamento. Oggi il nostro muratore mi faceva notare che sono un caso anomalo di “cliente consapevole” dei dettagli del proprio appartamento, tanto da sapere anche la situazione delle scatolette di ispezione elettriche (è vero, ho un debole per i cavi, elettrici o audio che siano).
Quella che comunemente viene chiamata “aria di casa” viene distintamente avvertita anche da Irene sin da quando era piccina: puntualmente quando siamo in macchina è in grado di addormentarsi a due kilometri da casa, e questa cosa è successa decine e decine di volte. E’ come se anche lei riconoscesse la strada, capisse che a casa ci si può rilassare, e… Ronf!

E poi ho pensato a noi cristiani, cittadini già da ora di un regno fisico che non c’è e che non sappiamo ancora come sia, ma del quale Dio ha voluto darci diverse informazioni, sottolineando che sarà perfetto e con Cristo come capo.
Pensavo che le informazioni in merito al regno di Dio possiamo viverle sulla nostra pelle già oggi perché il regno di Dio fisico è preceduto dal regno Spirituale nel quale già stiamo vivendo. E le conoscenze su questo regno spirituale non si acquisiscono studiando, ma solo “DIMORANDO” in Dio e permettendo alla sua Parola (Cristo) di dimorare in noi attraverso lo Spirito Santo.
E pensavo alla via che conduce a quel regno. Sia che si tratti del rapimento, sia che si tratti del dover attraversare la morte, ora che comprendo ancora più a fondo che dall’altra parte c’è il mio Sposo che è Cristo, tutto assume un sapore diverso.
Non c’è l’incertezza eterna, ma c’è la certezza di una luce eterna che scalderà i nostri cuori per sempre.
Non c’è il terrore di come sarà di là, ma c’è la sicurezza di arrivare a casa.
La morte, la fine, non è casa nostra.
La vita eterna nell’amore di Colui che ci ha amati fin dalla fondazione del mondo. Quella è casa nostra.

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Work in progress

Carissimi messaggeri, 

chi ci segue durante gli incontri online sa (perché è stato abbastanza evidente) che ci siamo visti costretti a fare degli urgenti lavori di manutenzione in casa.
Con il muratore abbiamo iniziato a vedere il dafarsi, e man mano che i giorni passavano, il quantitativo di interventi aumentava: ci si accorgeva di una stortura qui, di un difetto lì, della necessità di aggiungere una luce in un punto specifico, di una piastrella staccata là.. Eppure la nostra casa non ci sembrava così “storta” e conciata ad occhio nudo! Sì beh ovviamente c’erano diverse imperfezioni… ma quando abbiamo iniziato, metro alla mano, a prendere qualche misura ci siamo accorti di un sacco di dettagli che ad occhio nudo non avremmo mai notato. Come potevamo intervenire? In alcuni punti abbiamo demolito per ricostruire, in altri abbiamo dovuto coprire con del cartongesso per evitare che la casa diventasse tutta piena di detriti e polvere da ripulire (tenete presente che durante i lavori noi abitavamo l’appartamento e questa opzione era quasi una questione di sopravvivenza).

Tutto questo ci ha fatto riflettere molto sulla vita. Noi siamo l’edificio (per dirla biblicamente, “il tempio”). Ci guardiamo e pensiamo “beh dai poi tutto sommato non sono così male”… questa frase siamo in grado di dirla solo quando non iniziamo a prendere il metro perfetto di Dio e ci iniziamo a misurare. A quel punto tutte le storture vengono in evidenza e a quel punto abbiamo due opzioni: o permettiamo a Dio di lavorarci, demolire quello che non va di noi per poi ricostruirci dritti, oppure copriamo con del buon “cartongesso” quello che siamo pur di non andare incontro ad ulteriori difficoltà. E sappiamo benissimo tutti che il lavoro su noi stessi è il lavoro più difficile in assoluto. Ma se Dio ci spinge a cambiare e ci sostiene in questo cambiamento tramite l’azione dello Spirito Santo, potremo vedere le nostre vite trasformarsi.
Non tanto perché noi siamo o possiamo. Ma perché Dio è Dio e può. Abbiamo sentito troppe volte i discorsi motivazionali e ne abbiamo visto i frutti, dentro e fuori la chiesa, per non comprendere che tutto quello che poggia sulle nostre capacità tende a fallire miseramente. E’ facile per l’uomo essere indulgente con se stesso, ma questa è una trappola mortale. Gesù paragonò i religiosi che si davano arie di essere buoni e bravi a dei “sepolcri imbiancati”, ovvero persone che si credevano “tempio”, ma che in realtà erano luoghi di morte imbelliti. Già, perché dove regna l’IO, arriva la morte. Ma dove regna DIO c’è vita. E non solo a sufficienza, ma traboccante.
La domanda finale è una.
Siamo pronti a fare “demolire” le nostre storture dal grande Architetto?

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Il corpo di Cristo oggi

Noi siamo il corpo di Cristo.

“Ha scoperto l’acqua calda” diranno alcuni…
“Sta dicendo un’eresia” sussurreranno altri…
ma il concetto è molto più profondo dell’acqua calda. E quest’oggi ho iniziato a sondarne soltanto una piccola parte.

Se andate ad ascoltare lo studio che abbiamo fatto giovedì 17 Dicembre 2020, potrete sentire di come Dio Padre abbia “pagato il prezzo” per la sposa, l’abbia promessa a Suo Figlio Gesù e abbia già fissato la data delle nozze. Queste cose nel cielo sono già stabilite sin dalla fondazione del mondo.
La sposa in questione è ritenuta dal Padre DEGNA di essere riscattata con lo stesso sangue di Suo Figlio. Sono parte della sposa tutti coloro che con cuore umile comprendono questo importantissimo passaggio.
Nessuno di noi può portare davanti a Dio un bagaglio di opere sufficiente da renderci degni di tale prezzo di riscatto. Eppure Dio ci stima tali.
Come dico spesso: “Siamo polvere grandemente amata”. Ora però permettetemi di fare qualche passo oltre questo concetto che è alla base del cristianesimo.

Il concetto dell’amore di Dio va spiegato meglio. Dio quando entriamo in relazione con Lui attraverso Suo Figlio Gesù, ci tratta da figli, come il migliore dei suoceri, che diventa padre e vede la nuora con gli occhi amorevoli del figlio. E la relazione va oltre a questo: lo Spirito Santo fa da “collegamento” in questa relazione che avviene fra noi che siamo sulla terra e il Dio tre volte Santo che è nei cieli, come se avessimo la migliore connessione a banda larga, capace di farci sentire distintamente il cuore del Padre, i Suoi pensieri, i Suoi avvertimenti, le Sue coccole…
Quando l’apostolo Paolo dice espressamente di “non contristare lo Spirito”, in realtà fa riferimento a quella “parte” Dio con la quale possiamo entrare in relazione, ma per estensione possiamo ovviamente intendere che con le nostre azioni non dovremmo contristare il cuore di Dio.

Facciamo un ulteriore passo avanti. Abbiamo detto che la sposa è composta da tutti coloro che riconoscono Gesù come il loro sposo, il loro Salvatore, la loro liberazione ( e potremmo andare avanti per circa 10 minuti ad elencare i nomi e gli attributi meravigliosi di Cristo) e che sono in relazione con Dio grazie all’amore di Cristo e attraverso lo Spirito Santo. Per maggior precisione, coloro che hanno queste caratteristiche nella Bibbia vengono espressamente chiamati “chiesa”. Quindi “sposa” e “chiesa”, biblicamente parlando, sono sinonimi.

Ora venite con me. Vi porto alla preparazione di un matrimonio.

Teniamo presente che la preparazione di un matrimonio ancora oggi può durare mesi. E in quei mesi ci sono milioni di cose da fare. Nella tradizione ebraica dell’antico testamento la cerimonia e la festa erano organizzate dalla famiglia del futuro sposo. Alla sposa veniva chiesta soltanto una cosa: prepararsi.
Cosa fa la sposa quando si prepara per lo sposo? Permettetemi di entrare nei dettagli, tutto questo ha uno scopo.
Usa le sue mani per pettinare i capelli, imbellire le unghie, far risplendere la pelle…deve essere perfetta. I suoi neuroni sono tutti concentrati in quelle attività: di conseguenza seguono i muscoli che faranno fare i movimenti giusti. Il cuore che batte… il respiro che si fa più veloce… la trepidazione… le emozioni… lo stomaco che si chiude, la nausea… il senso di felicità… l’agitazione… la gioia… la voglia che il tempo passi in fretta…
(e intanto vi porto con me nella Bibbia, prendete Efesini capitolo 4 – leggetelo tutto – ma vi estrapolo questo “tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore”).

Deve essere perfetta. Ogni mancanza nel suo aspetto potrebbe essere percepita dal futuro sposo come una mancanza di amore o di cura. E la mancanza di cura verso se stessa è per forza di cose mancanza di cura verso lo sposo: stanno diventando una sola carne.

Questo concetto è vero ancora di più per la chiesa: non a caso la chiesa viene chiamata “CORPO di Cristo”.

La sposa, ovvero la chiesa, allora dovrebbe essere senza macchia. Pura.

Eppure…

Di macchie la chiesa ne ha tante. Anche io che vi scrivo combatto quotidianamente con le parti di me che non mi piacciono e che sono dure a morire. Morire a se stessi è una cosa difficile. Ma non impossibile. ed è un lavoro che si fa a tu per tu con se stessi, con lo Spirito Santo e…. con gli altri.

Già, gli altri. Nell’epoca di Instagram dove quello che facciamo vedere è sempre la migliore versione di noi non è semplice guardarsi allo specchio e ammettere di aver bisogno di migliorare. Spesso si cade in una spirale narcisistica ed egoistica che rende capaci di calpestare tutto e tutti. Difficilmente si ammette di non essere la versione top di noi al prossimo, ma se almeno siamo capaci di dirlo a noi stessi è un passo avanti. Il punto è che nemmeno serve ammetterlo al prossimo: il prossimo ci vede benissimo.

Fermiamoci. E riscopriamo questa parola che si trova nei proverbi, capitolo 27, versetto 17 (vi riporto una traduzione letterale):

Il ferro perfeziona il ferro e un uomo perfeziona il volto di un altro.

Quindi. Il corpo di Cristo – che è la chiesa (intesa come coloro che aspettano Cristo come sposo, che hanno un rapporto attraverso lo Spirito Santo col Padre dello sposo, che diventa anche Padre per la sposa) – è chiamato a prendersi cura di se stesso. E a farlo RECIPROCAMENTE. Ogni membro del corpo, in quanto membro del corpo stesso, non può vivere da solo, ma necessita dell’opera del suo fratello a fianco. Che in amore e verità…

…lo affina. Lo perfeziona.
Come il ferro fa col ferro.

Mi colpisce tanto il dettaglio del volto nel versetto di Proverbi. Attraverso il volto esprimiamo un sacco di noi stessi ( e chi mi conosce di persona sa che sono molto espressiva… mi si legge subito in faccia cosa mi sta passando per la mente). E’ importante che qualcun altro difronte possa, come fanno una truccatrice o un parrucchiere, valorizzare i nostri aspetti positivi e camuffare quelli negativi.
La cosa bella è che fra fratelli, fra membri di uno stesso corpo, si ha la possibilità di fare ben di più di una seduta di trucco e parrucco.

Abbiamo un obiettivo: l’essere pronti per l’arrivo dello sposo.
Io voglio esser trovata pronta quando lo Sposo arriverà, e sono pronta all’idea di avere persone intorno che mi aiutino in questo percorso.

Christ Loves me
I am His bride.
I need His bride.