Commentario al Vangelo di Giovanni

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Informazioni di base
Il Vangelo di Giovanni è stato scritto per ultimo, intorno al 80-90 d.C, ad Efeso. L’autore è l’apostolo Giovanni, il “discepolo che Gesù amava” (13:23, 19:26, 20:2, 21:17, 21:20), un modo usato dal discepolo per non mettersi in mostra. L’apostolo Giovanni, come anche Giacomo, Giovanni Battista e alcuni altri, era cugino di Gesù (come Giacomo era figlio di Salome e Zebedeo). Di professione faceva il pescatore e aveva un rapporto speciale con Gesù, in parte grazie alla parentela e in parte perché probabilmente Giovanni era il più giovane dei discepoli e facilmente vedeva nel Maestro il fratello maggiore, la persona adulta di riferimento, mentre il Cristo vedeva in Giovanni qualcuno più disponibile a comprendere e vivere il Suo amore per l’uomo. Fatto sta che Gesù ha apprezzato questa fiducia e questo rapporto speciale, lavorando spiritualmente su di lui in un modo speciale, infatti Giovanni, insieme al fratello Giacomo e a Pietro, faceva parte della cerchia ristretta di Gesù, cioè le persone che il Maestro coinvolgeva nelle questioni più delicate e dove mostrava maggiormente la Sua divinità. Gesù coinvolse questo trio come testimone nella risurrezione della figlia di Iairo (Marco 5, Luca 8), quando venne trasfigurato (Matteo 17, Marco 9) e al Getsemani (Matteo 26, Marco 14). Curioso che l’autore di questo Vangelo non abbia trattato nessuno di questi brani molto importanti, forse perché evidenziano troppo l’intimità che l’autore aveva con il Messia, e non voleva mettersi troppo in mostra citandosi per nome, o evidenziando il trio. Per cui l’autore di questo Vangelo è non solo un testimone molto attendibile, ma qualcuno che veramente ha conosciuto Gesù intimamente e per decenni. Giovanni, a differenza degli altri, non ci riporta solo miracoli, parabole, o piccoli discorsi, ma addirittura discorsi interi. Non sappiamo se questi discorsi fossero stati detti letteralmente come li ritroviamo, però l’apostolo era probabilmente la persona al mondo che ha conosciuto dippiù il Messia, pertanto fu in grado di trasmettere non solo le parole, ma anche le intenzioni più profonde.

Analisi del testo e temi trattati
Se Marco mirò più a mostrare i miracoli di Gesù, Matteo il legame con il popolo ebraico e Luca l’umanità di Gesù, in Giovanni noi abbiamo il Figlio di Dio che si mostra e rivela per chi Lui è. Mentre nei tre Sinottici c’è molta enfasi sui miracoli, parabole e folle, nel quarto Vangelo scopriamo le motivazioni profonde che hanno mosso il Messia, scopriamo la Sua vera e profonda personalità, e vediamo il Suo amore specifico per ogni singola persona.
Emblematici e famosi sono i discorsi di Gesù con Nicodemo (cap.3) e con la donna samaritana (cap. 4), e le 7 testimonianze sulla Sua divinità: Giovanni Battista, Natanaele, Pietro, Marta, Tommaso, Giovanni l’apostolo e Gesù stesso.
Ci sono anche 7 miracoli, chiamati da Giovanni “segni”, che servono per mostrare l’Onnipotenza del Gesù guidato dallo Spirito Santo (un segno è qualcosa che sta per qualcos’altro, e in questo caso i miracoli vogliono testimoniare la divinità di Gesù). Sono una selezione scelta di pochissimi miracoli scelti tra tutti quelli che fece quando era qui in terra. Miracoli indubbiamente soprannaturali e unicamente sorprendenti, mentre gli altri Vangeli ne documentano di più ma spesso sono liberazioni o miracoli simili tra loro, in Giovanni troviamo i seguenti “segni”:
– trasformazione dell’acqua in vino (cap.2)
– guarigione del figlio di un ufficiale a distanza di decine di km (cap. 4)
– guarigione del paralitico (cap.5)
– moltiplicazione dei pani e dei pesci (cap.6)
– Gesù cammina sulle acque (cap.6)
– guarigione del cieco (cap. 9)
– risurrezione di Lazzaro, che era morto già da 3 giorni (cap.11)

Un altro 7 sono le definizioni “Io sono” che Gesù fa di sé stesso. Alcuni ipotizzano che nel parlare ebraico, Gesù per riferirsi a sé stesso abbia usato il tetragramma sacro YHWH. In realtà questo non possiamo saperlo, però nel testo scritto che non è in ebraico, ma in greco, c’è “ego eimì” che esprime enfasi marcata e possiamo tradurre con “Sono proprio io, e nessun altro”. Gesù ha usato questa enfasi nelle frasi “Sono proprio io il pane del cielo e nessun altro”, “Sono proprio io la luce del mondo…..”, “Sono proprio io la risurrezione e la vita”, “Sono proprio io la Via, la Verità e la Vita”, dopo la moltiplicazione del pane, aver guarito un cieco, la risurrezione di Lazzaro, dopo aver affrontato le guide religiose, etc. Chiaramente con queste 7 definizioni sta associando la propria posizione con il rango spirituale più elevato nei cieli: Dio. Inoltre anche il solo essere 3 serie da 7, ci fa riconoscere questo come un altro segnale di Giovanni, che usando la numerologia ebraica, ci vuole trasmettere la divinità e la perfezione di Gesù Cristo.
Mentre i Vangeli Sinottici sono più focalizzati sui 2 anni e mezzo di ministero di Gesù ambientato in Galilea, e meno sugli ultimi mesi ambientati al Sud, questo Vangelo invece è maggiormente ambientato in Giudea e durante le principali feste ebraiche. In questo modo Gesù si mostra come Signore e scopo di queste stesse feste. Ora non è il caso di trattare ulteriormente il vero messaggio che Dio da alle feste (in ebraico “moed”=appuntamenti) che Lui ha istituito, ma è un argomento così vasto e importante (principalmente da un punto di vista escatologico) che merita un approfondimento a parte, che potete trovare nel commento a Levitico 23, Zaccaria 12-14, etc.

Scopo
Questo Vangelo è stato scritto “affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome” (20:31). Cristo in quanto Dio, da vita a chi crede in Lui. Non un credere generico, anche i demoni credono che esiste Dio e che esiste Gesù (Giacomo 2:19) ma non sono salvati. Invece credere veramente è riporre la propria fiducia e tutta la propria vita in Lui, vivendo per Lui e con Lui. Ci sono 3 livelli di fede: dare credito (1°), aver fiducia (2°) e costanza (3°). Il credere, inteso da Gesù e da Giovanni, deve essere qualcosa di continuativo, come anche esprime il termine in lingua originale di Giovanni 3:16, 36 etc… (per approfondire, leggere commento al versetto).
Ci sono 3 parole chiavi e ricorrenti in questo Vangelo, “credere”, “vita e “segni”, come visto in precedenza.
Ci sono anche altri punti che ci fanno comprendere la deità di Gesù. Intanto ci viene presentato con un nome precedente a quello datogli dall’angelo tramite Maria: Logos (1:1 tradotto impropriamente nella Bibbia italiana con solo “Parola”, mentre in realtà significa “parola che esprime un concetto e una volontà”, come a dire che Gesù non è una o la Parola, ma è Colui che comunica il messaggio stesso della volontà del Padre, che ci comunica il Suo pensiero). Il capitolo 1, nei versetti 1-2-14, ci mostra quindi un “nome” precedente di Gesù e la Sua eterna esistenza. Inoltre sempre al versetto 14, l’apostolo fa un’altra dichiarazione potente, definendo la Gloria di Gesù, uguale a quella del Padre “e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre”: la Sua Gloria era erede, figlia del Padre, cioè Gloria della stessa stirpe regale.
Ma Giovanni non parla solo di Gesù. Infatti troviamo in tutto il libro, un’altra figura egualmente importante, ma che deve ancora venire. Infatti Gesù, consapevole delle molteplici limitazioni per l’espansione del Regno di Dio, a causa del Suo essere in forma di uomo, ha tenuto molto a tranquillizzarci sin da subito riguardo l’arrivo del Consolatore, dell’Avvocato, del “chiamato affianco”, cioè lo Spirito Santo. Si parla di Lui nei capitoli 1-3-4-7-14-16-20, come di Colui che avrebbe ricordato, consolato, fortificato, potenziato, rivelato la volontà del Padre, testimoniato di Gesù, convinto le anime di peccato, spiegato la Bibbia, glorificato Dio, etc… Per questo posso chiudere questo paragrafo di introduzione al Vangelo di Giovanni, definendolo come lo definì Eusebio, il “Vangelo spirituale”.

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