Giovanni – Capitolo 1

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v.1 Giovanni inizia il suo Vangelo come per rispiegare il libro della Genesi e la fondazione del mondo partendo nuovamente dal “principio”. Infatti il termine greco “archè”, qui presente, equivale al termine ebraico “bereshit” presente in Genesi 1:1. Addirittura Giovanni arriva ancora prima, infatti mentre Genesi definisce principio l’origine della terra e del tempo, l’apostolo definisce principio il tempo precedente, dove c’erano solo la “Parola” (cioè Gesù “la Parola si è fatta carne” del v.14), poi c’era “Dio” e la “Parola” era “Dio”.

Il termine “parola”, che troviamo nella nostra versione, non riesce a rendere fedelmente il termine “logos” presente nel testo originale, che invece esprime un’informazione più ampia. Logos infatti trasmette il significato di una “parola che è l’espressione di un pensiero”. Infatti il Figlio di Dio è venuto per presentarci il Padre, la Sua volontà e i Suoi pensieri. Il Padre e il Figlio sono troppo santi e puri per poter avere a che fare con l’uomo peccatore. Il Figlio si è incarnato per metterci in comunicazione con il Padre e farci sapere il Suo pensiero e i Suoi comandamenti. Infatti alla Trasfigurazione il Padre interviene, in una delle pochissime volte nella Bibbia, per affermare Gesù come Sua “Voce” in terra: “E una voce venne dalla nuvola, dicendo: «Questi è mio Figlio, colui che io ho scelto: ascoltatelo» (Luca 9:35). In un certo senso non è corretto definire la Bibbia “Parola di Dio”, in quanto è Gesù la Parola di Dio. Nella Bibbia troviamo scritto circa 100 volte “Parola di Dio”, circa 50 volte nell’Antico e 50 nel Nuovo Testamento, e si riferisce sempre, o a Gesù, o a un messaggio di Dio o alla predicazione dell’Evangelo. Mentre quando la Bibbia si riferisce a sé stessa, usa termini come “Scritture”, “rotoli”, “pergamene”. La Bibbia è “Parola di Dio” in quanto contiene il messaggio ispirato dallo Spirito Santo (che è Dio a Sua volta) e quindi diventa Parola di Dio. Ma sia la Bibbia, che la predicazione, sono Parola di Dio solo se con esse facciamo dire il vero messaggio che comunica lo Spirito Santo. Infatti sta scritto: “…quando riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l’accettaste non come parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete” (1 Tessalonicesi 2:13). La predicazione di Paolo era Parola di Dio, in quanto Paolo si lasciava guidare dallo Spirito Santo ed era spiritualmente ad un livello altissimo, tale da ricevere il 100% dell’ispirazione dicendo quello che veramente Dio voleva comunicare, senza mediarlo con i propri pensieri o ragionamenti umani. Quando sentiamo una predicazione, dobbiamo verificare se è confermata dalle Scritture, come fecero i credenti di Berea: “Or questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così.” (Atti 17:11). In questo versetto dei credenti ricevettero la “Parola”, cioè la predicazione di Paolo, ed esaminarono se quello che diceva era in accordo con le “Scritture” cioè la Bibbia. Dobbiamo imparare ad ascoltare lo Spirito, Lui non sarà mai in disaccordo con sé stesso, con il Padre o con il Figlio o con le Scritture che Lui stesso ha ispirato.

“Nel principio…la Parola era con Dio, e la Parola era Dio” significa che Gesù era già presente prima della fondazione del mondo. Non solo, era “insieme” a Dio, come a dire che avevano un rapporto di intimità e di unione. Ma non finisce qui, la Parola “era Dio”, cioè Gesù è sempre stato Dio, non lo è diventato a un certo punto per chissà quale motivo, Lui è nato Dio sin dal principio.

v.3 Giovanni mostra la grandiosità di Gesù non solo strumento per la creazione di ogni cosa, ma come essenziale nell’eseguire ciò, la parte vocale che ha comandato il pensiero di Dio per far venire le cose all’esistenza, mentre noi umanamente lo vedremmo solo come un grande uomo. Questo ci mostra che Egli è perfettamente qualificato per il lavoro della nostra redenzione e salvezza.

v.4-5 Gesù è la Vita, e l’essere umano ha vita grazie a Lui. Gesù è la Luce, e non potrà mai essere sconfitto dalle tenebre.

v.6-8 Giovanni Battista era riverito da molti, perchè fu un grande profeta. Qui l’apostolo vuole mettere a posto questa situazione ed evitare che qualcuno possa venerare Giovanni o altri. Siamo chiamati a venerare solo la Luce, cioè Gesù. Il Battista, come anche gli apostoli, venne per rendere testimonianza della vera Luce. Questo è ciò cui siamo chiamati anche noi oggi: testimoniare della Luce di Dio.

v.9 La vera Luce, cioè la “Parola” (Gesù), stava venendo nel mondo (si stava incarnando), ma esisteva sin dal principio, da prima della fondazione del mondo (v.1-2, e 1 Pietro 1:20).

v.10 La Parola era già nel mondo alla sua fondazione, in quanto il mondo è stato fatto “per mezzo di lui”, ma era presente in Spirito. Solo 2000 anni fa si è incarnata (v.9, 14).

v.11-13 Il messaggio di Gesù si doveva rivolgere prima al popolo di Israele, che era stato fedele per 2000 anni al suo Dio, mantenendo gli insegnamenti e i comandamenti, tra alti e bassi spirituali. Ma era previsto da Dio che Israele non avrebbe capito, e ciò è stato utile affinché la salvezza potesse essere predicata ai gentili.

Questi versetti servono per far capire che per diventare figli di Dio, non serve far parte di una etnia, di un popolo, o di una religione. Non si sceglie di diventare figli di Dio. Lo si diventa solo ubbidendo alla Sua voce e chiedendo la Sua grazia sulla propria vita: “quelli che credono nel Suo nome” (v.13). Ma qual’è il nome cui bisogna credere? Yeshua=salvezza (o il “Signore è salvezza”, vedi commento a Matteo 1:1, 21). Credendo nel nome (autorità e signoria di Cristo) si ottiene la salvezza e si diventa figli di Dio, quindi dichiarando l’autorità di Gesù sopra la nostra vita, emozioni, sensazioni e volontà.

v.14 La Parola (Gesù) ha abitato fra di noi per un certo tempo. Il verbo abitare, nel testo originale richiama il campeggiare/dimorare con una tenda/tabernacolo, e questo uso di Giovanni serve per collegare la presenza di Gesù in terra con la presenza di Dio nel Tabernacolo di Mosè nel deserto. La visione che ci vuole trasmettere è che, come Dio guidò nel deserto il popolo che si sottomise a Lui e ascoltò la Sua voce seguendo la nuvola di giorno e la fiamma di fuoco di notte (Esodo 13:21), così Gesù attraverso lo Spirito Santo in noi ci guida nel deserto della nostra vita su questa terra, ci protegge e da forza.

Gesù era “pieno di grazia e di verità”. La religione umana dice che Maria era piena di grazia, invece l’apostolo Giovanni e la Sacra Bibbia, dicono che solo Gesù è pieno di grazia. In quanto pieno di grazia, Lui solo può fare grazia, cioè salvare e liberare.

Probabilmente Giovanni sta facendo la dichiarazione riguardo la gloria di Gesù come testimone oculare della Trasfigurazione, della Risurrezione e dell’Ascensione. Quando dice che è stato testimone della “Sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre”, sta richiamando la gloria di Dio nel deserto, nel tabernacolo e nel tempio. Sta parlando di un Gesù glorioso degno di essere adorato ed ascoltato. Un Gesù “unigenito dal Padre” cioè che ha ereditato gli stessi, ha la gloria nel “DNA”.

v.15 Giovanni Battista era cugino di Gesù e più grande di Lui di 6 mesi. Quando dichiara che Gesù era prima di lui, sta dichiarando la preesistenza di Dio sulla creatura, come appunto dichiarato sin dall’inizio di questo capitolo (v.1, 3, 9) e in tanti altri brani della Bibbia.

v.16-17 Gesù venendo sulla terra ha inaugurato il tempo della grazia. Il messaggio è che tutto il mondo giace nel peccato, ma il Re è venuto per offrire la grazia (la cancellazione della condanna) a chi va a Lui. Chi invece non va a Lui a chiedere la grazia, rimane con la condanna.

v.18 Qui è espresso nuovamente il concetto che non si può andare da Dio o vederLo, ma è solo grazie a Gesù che possiamo conoscere e andare dal Padre.

v.21 Giovanni dichiara di non essere “Elia”, ma l’angelo che comparve a Zaccaria e anche Gesù lo definiranno “l’Elia” (Matteo 11:14, 17:10-12, Marco 9:11-13, Luca 1:17).

v.23 Giovanni si definisce l’adempimento di Isaia 40:3, cioè una semplice voce che proclama la venuta del SIGNORE (cioè la seconda venuta di Cristo) e la conversione del popolo di Israele. Questo messaggio si adempirà durante la Grande Tribolazione, ma in parte ha già avuto un primo adempimento, infatti Cristo, alla Sua prima venuta, ha aperto la via per la salvezza al popolo di Israele (oltre che ai gentili).

v.26 Il Battista innalza Gesù, e preannuncia uno dei temi chiavi di questo Vangelo: la venuta dello Spirito Santo (v.33).

v.27 Inoltre il Battista si “abbassa”, umiliandosi al livello da non essere degno di slegare i lacci delle scarpe del Messia. Questa enfasi dovrebbe illuminarci riguardo la grandezza di Cristo, e sull’umiltà che dovremmo avere per vedere la Sua gloria.

v.29 Giovanni richiama alla mente dei suoi uditori ebrei, il significato del sacrificio degli agnelli al tempio: il perdono momentaneo dei peccati. Come fa capire Giovanni, e come dicono anche Paolo e l’autore della Lettera agli Ebrei, quel rituale era inefficace perché andava ripetuto per sempre (leggi per esempio Ebrei 9, 10). Invece Cristo spargendo il Suo sangue, ha compiuto il sacrificio perfetto per togliere i peccati del mondo, ed ora chiunque può andare a Cristo senza doversi meritare la salvezza, ma credendo e vivendo per Lui.

v.32 Gesù dovette ricevere lo Spirito Santo. Non fece alcun miracolo fino ad allora. Non profetizzò, e non condusse anime a Dio fino a questo fatidico momento. Quando arriva lo Spirito Santo, cambia tutto.

v.33-34 Anche se erano cugini e si conoscevano sicuramente molto bene, Giovanni Battista, vedendolo ora, non lo riconosce, in quanto ha la rivelazione che Colui che gli è davanti, non è Suo cugino, ma il Suo Dio (Figlio di Dio). Gesù in terra è stato ovviamente anche pienamente uomo, ma l’umanità era funzionale a permetterGli di simpatizzare con le nostre debolezze e difficoltà. E per fare quel sacrificio perfetto che noi non avremmo potuto fare.

Questa dichiarazione di Giovanni Battista, è la prima testimonianza in questo Vangelo, riguardo la deità di Gesù, tramite la definizione “il Figlio di Dio”.

v.44 Filippo, Andrea e Pietro, erano tutti e 3 di Betsaida, paesino sulla costa nord del Mar di Galilea (Lago di Tiberiade).

v.45-51 Filippo non ha ancora capito pienamente chi è Gesù, e lo presenta come figlio di Giuseppe di Nazaret, paesino malfamato, o comunque sperduto fra le montagne della Galilea. Il Messia non doveva venire da lì, ma allora sia Filippo che Natanaele non sapevano che Gesù era nato a Betlemme, e che Lui adempiva tutte le profezie bibliche riguardanti la prima venuta del Messia.

La dichiarazione che Gesù fa al versetto 48 di solito viene sorvolata. Eppure questa dichiarazione è una manifestazione di una rivelazione soprannaturale che ha scioccato Natanaele, rivelandogli subito che Gesù è il Messia. Molto probabilmente Natanaele quando era sotto il fico, stava pregando Dio di ricevere qualche segno, e Gesù con quella frase gli ha mostrato la rivelazione dello Spirito di Dio.

La dichiarazione di Natanaele al versetto 49 è la seconda testimonianza di questo Vangelo, riguardo la deità di Gesù. Gesù non è UN Figlio di Dio, ma IL Figlio di Dio. Figlio naturale, generato, noi credenti invece siamo adottati.

v.51 Gesù si identifica con la scala del sogno di Giacobbe. E’ Lui la scala=la strada per il cielo (Genesi 28:12).

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