Giovanni – Capitolo 3

clicca qui per andare al capitolo 2

v.2 Nicodemo stimava Gesù, ma in questo primo anno di ministero, ancora non credeva pienamente in Lui, al punto da rischiare la vita e la posizione, per questo si reca da Lui di notte.

Con l’affermazione “sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio”, dimostra che all’interno della setta dei farisei e tra i capi giudei c’erano persone come lui che stimavano Gesù, ma non avevano ancora ben chiaro chi fosse, e non erano pronti a rischiare la vita per Lui.

v.3 Gesù capisce che Nicodemo si rivolge a Lui da un punto di vista umano e religioso, così sposta la sua attenzione dalla religiosità umana, per comprendere il messaggio di Dio legato al ricevere lo Spirito Santo. Letteralmente qui sta scritto “…se uno non è nato dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (vedi anche 3:31). La vera fede in Dio è data da un rapporto diretto con Lui tramite lo Spirito. Nascendo direttamente dall’alto.

v.5 Al versetto precedente Nicodemo continua a ragionare da un punto di vista umano, e qui Gesù continua a parlare delle verità spirituali. Per entrare nel regno di Dio non serve seguire rituali di purificazione religiosa e una spiritualità di nome, ma bisogna nascere d’acqua (essere purificati per mezzo della parola vivente di Dio) e nascere di Spirito (vivere un rinnovamento e una pienezza spirituale nel proprio rapporto quotidiano con lo Spirito Santo).

v.6 La religione e la “spiritualità religiosa” partono dall’uomo e non arrivano a Dio. Se invece nasciamo dallo Spirito, in un rapporto spirituale vivente con Dio, ascoltando ed ubbidendo alla Sua voce, allora vuol dire che staremo vivendo una vera spiritualità.

v.7-8 La vera spiritualità è qualcosa che non può essere imparata con i sensi umani e neppure controllata. Spesso nelle chiese si cerca di incanalare lo Spirito, di inserire liturgia, rituali e tempi che partono dall’uomo. Quando sai per filo e per segno come vanno le cose, allora vuol dire che lo Spirito viene zittito. Il vento (=lo Spirito) soffia dove vuole, e nessuno può controllarlo o sapere da dove viene e dove va, ma bisogna solo lasciarsi trasportare.

v.11 Gesù e i Suoi veri discepoli, possono capire i piani di Dio e i Suoi modi di agire perché vivono e sperimentano liberamente lo Spirito Santo. La vera testimonianza è quella di chi vede e vive le circostanze. I religiosi invece sono legati ai rituali umani e non possono capire o vivere un vero rapporto con Dio.

v.13 Questa dichiarazione di Gesù è una di quelle più ignorate. Spesso nel mondo ci sono persone che stimano Cristo, ma non hanno la benché minima idea dei Suoi insegnamenti. Gesù non era un bravo uomo o un idealista, ma Colui che era sceso dal cielo e risalito. Gli dei non sono tutti uguali, solo Gesù dichiara di essere stato in Cielo e tornato indietro, più volte nei secoli.

v.14-15 Con questo parallelismo con il serpente di bronzo innalzato nel deserto che salvava dalla morte chi lo guardava, dopo essere stato morso da un serpente velenoso (Numeri 21:4-9), Gesù profetizza la propria morte innalzato sulla croce, e che avrebbe salvato chi “guardava” a Lui. Solo credendo in Gesù si ha vita eterna (v.15), cioè si vive veramente lo scopo per cui siamo stati creati, per sempre.

v.16 Dio ha amato così tanto il mondo e la Sua creatura, da mandare Suo Figlio. Ma non lo ha mandato a fare una passeggiata o a comunicare un messaggio, o a fare un tentativo di pace. Lo ha mandato a morire come agnello sacrificale per i peccati di tutto il mondo (1 Giovanni 2:2), affinché chiunque crede in Lui (il tempo verbale in greco è participio presente attivo, cioè un presente continuo=crede in Lui ogni giorno senza interruzione, vive in Lui e con Lui giorno dopo giorno) non muoia spiritualmente, ma viva eternamente.

Notare che il versetto è incentrato su 4 verbi: amato-dato-crede-abbia. Dio ha amato, e di conseguenza ha dato, affinché chi crede continuamente, abbia vita per sempre. Dio dona, e quando lo fa, l’uomo deve accettare, perché si trova davanti l’occasione della propria vita. Corriamo al trono della grazia, con sincera e profonda gratitudine. Solo in Lui avremo vita per sempre. Se senti che la vita ti sfugge, se ti sembra manchi qualcosa, corri a Gesù, Lui può farti avere vera vita, da oggi e per sempre!

v.17 Dio non ha mandato Gesù per giudicare il mondo, il giudizio avverrà alla fine dei tempi. La prima venuta di Gesù è servita per sconfiggere la maledizione del peccato e aprire la strada per la salvezza. Gesù è venuto affinché “il mondo sia salvato per mezzo di Lui”. Non c’è alcun altro strumento per la salvezza. Non le opere, non la bontà dell’uomo, o la bontà di Dio, ma solo il sacrificio di Cristo e il vivere con Lui quotidianamente.

v.18 Il giudizio non è più sul peccato, ma su chi non riceve l’opera di luce di Cristo (v.19). Fino a Gesù tutti erano sotto condanna, perché nessuno poteva fare niente per meritarsi la salvezza dalla condanna del peccato. Con la venuta di Gesù è ora possibile saltare il giudizio per i meriti del sangue di Cristo. Gli increduli invece rimangono sotto condanna, ma non più per il peccato, ma per il rifiuto di avere Gesù come Signore della loro vita. Gesù, in ebraico=Yeshua=il Signore è salvezza=Gesù è salvezza, quindi non credere nel “nome dell’unigenito Figlio di Dio” vuol dire non riconoscere in Gesù l’unico Salvatore e Signore della propria vita, di conseguenza vuol dire tenersi la condanna. Il nome nella cultura ebraica, esprime il carattere e l’autorità della persona. Non credere (continuamente, giorno dopo giorno) nel nome di Gesù “unigenito Figlio di Dio” (unico Figlio di Dio), significa credere che sia stato una persona buona, credere che era un buon leader e un rivoluzionario, ma non riconoscerLo come Signore e Padrone della propria vita. Questo genere di persone, spesso ignorante, va avvisata del pericolo che corre e del bisogno di conoscere Gesù personalmente.

v.19 Questo versetto conferma che la condanna sui peccatori, non è a causa del peccato, ma a causa del preferire le proprie “tenebre” invece della “luce” che viene da Cristo. Con “opere malvagie” non si intende una assenza di “opere buone”, ma il termine greco per “opere” esprime il concetto di “azioni” e “lavoro” delle tenebre, cioè non fatte in Dio. Sono questo genere di opere egoistiche e non guidate dalla volontà di Dio, a essere da evitare.

v.21 Questo versetto sprona i credenti a mostrare la luce e a venire alla luce. Spesso ci si rinchiude in una chiesa, ma come nessuno mette la lampada sotto a un recipiente o sotto al letto (Marco 4:21), così neanche i credenti dovrebbero nascondersi in dei luoghi di culto, ma anzi creare continue situazioni per condividere l’amore e la luce di Cristo con gli altri. Gesù non ha mai inaugurato un locale di culto, invece era praticamente tutti i giorni a casa della gente per evangelizzare, guarire e liberare.

Notare l’evidenziazione che i credenti compiono le loro opere “in Dio”. Non è un modo poetico di esprimere il concetto, ma è il movimento dello Spirito Santo nel credente che ascolta il Padre e agisce di conseguenza. Dio parla, noi dobbiamo ascoltarLo. Solo così le nostre azioni e opere possono essere fatte in Lui.

v.29 La sposa è la Chiesa. Lo sposo è Cristo. Nessuno può appropriarsi della Chiesa, se non Cristo. Nessuno, nè Giovanni Battista, nè nessun’altro essere umano passato, presente o futuro, può essere capo della Chiesa oltre a Gesù. Tutti gli altri possono solo rallegrarsi del fatto che la sposa appartenga allo sposo.

v.31 In questo versetto come nel resto del paragrafo, il Battista si sminuisce di fronte alla deità di Gesù. Qui dichiara esplicitamente di venire dalla terra mentre Gesù era superiore perché veniva dal cielo (era preesistente, era Dio). E fa un’affermazione molto forte: “chi viene dall’alto è sopra tutti”! In altre parole, è inutile cercare di innalzare esseri umani, nominare santi, papi, leader religiosi, madonne, essi non potranno mai eguagliare Cristo e saranno sempre “della terra” e parleranno come gente “della terra”. E’ meglio sminuirsi e sminuire gli uomini, di fronte all’eccellenza di Cristo e del Suo messaggio.

v.36 Chi non crede in Gesù, non riconosce la Sua autorità e non si sottopone a Lui, mantiene l’ira di Dio sulla propria vita e il Suo giudizio (v.19-20).

Anche qui come nel versetto 16, il verbo credere di “Chi crede nel Figlio ha vita eterna” è un participio presente. Per approfondire leggere quel commento.

clicca qui per andare al capitolo 4