Giovanni – Capitolo 7

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v.2 Per approfondire la Festa delle Capanne, leggere Levitico 23:33-43 e relativo commento. Al tempo di Gesù era la festa più sentita dai Giudei, anche perché molto caratteristica. Si svolge tra settembre e ottobre, dura 7 giorni, e gli Israeliti in quei giorni vivono veramente in capanne-tende, realizzate appositamente, per ricordare il tempo dei 40 anni nel deserto e la provvidenza di Dio. In questi 7 giorni vengono svolti vari riti, tra i quali si attinge acqua e si accendono lanterne, e a questi riti si collegò Gesù dichiarando “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva…” (V.37-38) e “Io sono la luce del mondo…” (8:12).

In Gesù abbiamo la presenza di Dio sulla terra, la nuvola della gloria, presente nell’accampamento di Israele come simboleggiato dalla Festa delle Capanne.

v.5 Fratelli= adelfoi. In greco questo termine viene usato quasi esclusivamente per indicare i fratelli della stessa famiglia, o nel senso “come fratelli” riferito ad amici stretti, oppure a “fratelli” della stessa fede. Il contesto di questo brano esclude categoricamente la 3a opzione (v.5). Alla luce di Matteo 12:46-49, 13:55, Marco 3:31-35, Luca 8:19-21, Giovanni 2:12 e Atti 1:14, si capisce che il significato corretto è quello di fratelli della stessa famiglia. E’ una assurda pretesa quella della teologia della Religione Cattolica, il voler intendere “adelfoi” come cugini, e infatti la versione della Bibbia cattolica riconosciuta dal papato (CEI) traduce questo termine con “fratelli”!

credevano= avevano fiducia, davano credito. Loro credevano all’esistenza di Gesù come tanti oggi, ma non gli “davano credito” come proprio Salvatore. Questo brano rende chiara la necessità di fidarsi di Gesù nel modo più profondo.

v.6 “Il mio tempo non è ancora venuto…” (Kairòs=stagione, opportunità, occasione, tempo) un richiamo all’attesa di ascoltare la voce del Padre prima di agire. Gesù non agiva di testa Sua ma aspettava il via libera del Padre. Non agiva a comando, come fosse un Babbo Natale. Aveva invece le orecchie attente a ciò che diceva il Padre e gli occhi aperti a ciò che vedeva fare dal Padre, e attendeva il momento e l’occasione dettata dal Padre per muoversi.

v.8 Come al versetto 6, Kairòs=stagione, opportunità, occasione, tempo.

v.14-15 Gesù coglieva ogni occasione per insegnare la Parola di Dio (a quel tempo costituita solo dall’Antico Testamento). Le persone si stupivano sempre perchè ammaestrava ad un livello superiore rispetto a chiunque altro, e si stupivano anche perchè Lui non aveva studiato ai “piedi” di nessun grande rabbino (“mio maestro”, una delle figure chiave delle sinagoghe locali, ognuna ne poteva avere da uno a più di uno) e in nessuna Yeshiva ebraica (scuola rabbinica), o perlomeno questo brano sembra comunicare questo, e in nessuna parte della Scrittura si accenna a dei Suoi studi teologici o di altro genere. Veniva chiamato “rabbino”, ma non è chiaro se per titolo di studio conseguito, o se più probabilmente veniva chiamato così dalla gente che lo reputava preparato e adatto ad insegnare.

v.16 Gesù chiarisce di aver studiato “ai piedi” del più grande “Rabbino”, cioè Dio il Padre.

v.21 L’opera di cui si parla qui, è la guarigione del paralitico compiuta in giorno di sabato, trattata al capitolo 5.

v.24 Gesù si scaglia contro il giudizio religioso e carnale. Invece è a favore del giudizio secondo la giustizia di Dio. Un giudizio che non serve per criticare gli altri, ma per imparare dagli errori nostri o degli altri, per crescere. Questo deve essere basato sulla Bibbia e sull’amore, sul vero equilibrio che viene da Dio, e non sullo squilibrio soggettivo degli esseri umani.

v.31 “credettero in Lui” come profeta, uomo mandato da Dio, come insegnante, ma non come Messia, o comunque non ne erano certi.

v.37 Gesù sfrutta i significati delle feste ebraiche che Lui e il Padre hanno istituito, per far comprendere quale messaggio è dietro l’istituzione di queste feste. Dio con la festa delle Capanne vuole far capire che questo mondo è come il deserto (letteralmente “luogo desolato”) dove Israele è stato per 40 anni bisognoso di acqua e cibo. Solo Dio può darci il sostentamento e a Lui dobbiamo andare.

v.38 Credendo in Gesù otteniamo lo Spirito Santo: è questa la nostra vita, e viene trasmessa l’importanza dello Spirito in noi, attraverso l’immagine dei fiumi di acqua viva che sgorgano.

v.39 Finché Gesù rimaneva in terra, lo Spirito non poteva essere dato. Ma doveva risorgere ed essere glorificato per poter mandare lo Spirito Santo.

v.42 Gesù era effettivamente nato a Betlemme ed era il Cristo, ma l’ipocrisia religiosa si accontenta di informazioni base riguardo a Gesù. Noi siamo invece chiamati ad approfondire la nostra conoscenza di Gesù, spirituale e anche biblica, “Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo la coscienza pulita; affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo.” (1 Pietro 3:15-16)

v.48 Qualcuno dei capi aveva effettivamente cominciato a credere in Gesù (tipo Nicodemo), ma aveva timore a dirlo o per non perdere la posizione, o per non perdere la vita, visto che c’era anche questo rischio. Oggi però vediamo migliaia di cristiani che ogni anno vengono uccisi perchè non vogliono rinnegare il Cristo. In questi due approcci vediamo la differenza tra chi è un vero credente, e chi ancora è un simpatizzante che deve ancora capire che seguire Cristo significa metterlo al primo posto, anche a costo della propria vita!

v.52 Come la folla pochi versetti prima, anche i capi dei sacerdoti e i farisei dimostrano l’ignoranza di non sapere dove Gesù è nato, e lo rinnegano erroneamente. Inoltre a causa della loro rabbia, commettono un grave errore negando la provenienza di profeti dalla Galilea. Sappiamo che Giona proveniva da un paesino intorno a Cana di Galilea (2 Re 14:25), Eliseo da vicino Bet-Shean (1 Re 4:12, 19:16) e Naum che nacque o ad Elcos o a Capernaum (=villaggio di Naum).

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