Giovanni – Capitolo 8

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v.7:53-8:11 Questo brano è di dubbia autenticità in quanto non presente nei manoscritti più antichi (come anche il brano di Marco 16:9-20). Ma non è chiaro se sia proprio inventato, oppure perso e recuperato. Potrebbe essere stato aggiunto da qualche scriba testimone oculare, oppure recuperato e aggiunto da qualcuno che aveva notato la sua mancanza in alcuni manoscritti. Comunque, come nel brano di Marco, l’insegnamento che trasmette è perfettamente biblico e plausibile, per cui le prove “contro” non sono sufficienti a non valutare il messaggio trasmesso come biblico e utile alla nostra crescita.

v.4-5 L’ipocrisia degli scribi e dei farisei, condanna la donna adulterio, ma non l’uomo con cui ha commesso l’adulterio. In realtà Mosè non comandò di lapidare solo le donne che commettono adulterio, ma chiunque commette adulterio indipendentemente dal genere. Lui nomina sia l’uomo che la donna (vedi Levitico 20:10, e Deuteronomio 22:22). Forse l’uomo adultero era un loro amico? Una persona in autorità? O forse erano solo dei maschilisti che volevano colpire le donne peccatrici, ma pronti a perdonare gli errori commessi dagli uomini?

v.8-9 Qui, come anche al v.6, c’è una forte enfasi sul fatto che Gesù scrivesse a terra. Purtroppo non sappiamo cosa scrisse, e potrebbe addirittura aver fatto solo dei segni senza significato. Eppure potrebbe benissimo aver scritto la legge di Mosè (nello specifico i versetti di Levitico e di Deuteronomio che ho segnato nel commento ai versetti 4 e 5) per mostrare la loro ipocrisia nel dimenticare “l’uomo”. Oppure avrebbe anche potuto scrivere direttamente “Dov’è l’uomo?”. Essi furono convinti dall’aver udito la risposta di Gesù, ma l’enfasi sullo scrivere, ci fa capire che anche quello è servito a convincere le loro coscienze.

v.11 Nell’immaginario collettivo moderno, ai peccatori fa comodo l’enfatizzare la prima parte della frase di Gesù “Neppure io ti condanno”, per autoassolversi e considerarsi degni del paradiso grazie a un Dio buono. Eppure Gesù continua la frase dicendo “va e da ora in poi non peccare più”: Dio è anche giusto e Santo. Gesù vuole liberarci dalla condanna del peccato, ma anche dal legame dal peccato, affinché possiamo avere comunione con Lui.

v.12 Siamo ancora nei giorni attorno alla Festa delle Capanne, che fra le usanze caratteristiche, ha un rito in cui si accendono delle lanterne, per ricordare il fatto che il popolo di Israele dormiva in tende e accendeva lanterne quando vagò nel deserto per 40 anni prima di giungere nella Terra Promessa. Proprio in collegamento a questo rito, Gesù vuole distogliere l’attenzione dal rito, e focalizzarla sul fatto che è Lui la vera Luce di cui abbiamo bisogno. Come Israele, anche noi siamo in un “deserto” bisognosi della Luce di Dio per poter vedere dove camminare. Gesù è la “Luce”.

Notare anche qui la forma enfatica greca che non può essere resa in italiano se non aggiungendo delle parole in più, e quindi letteralmente diventa “Sono proprio io la Luce del mondo, io e nessun altro”.

v.24 Di nuovo forma enfatica (e la troveremo anche al v.58). “Se non credete che sono proprio io (Dio) e nessun altro, (uno con il Padre), morirete nei vostri peccati”. Il riferimento è al v.16 dove Lui è INSIEME al Padre che lo ha mandato. E’ uno con il Padre, e lavora nella stessa “azienda”/missione con il Padre. E’ stato mandato da Dio il Padre, chi rigetta Gesù rigetta Dio il Padre. Chi non ubbidisce a Gesù, disobbedisce a Dio il Padre. La salvezza si ottiene solamente riconoscendo Gesù come uno con il Padre.

v.26 “…le cose che ho udite da Lui le dico al mondo”. Gesù non era un normale “Messaggero di Dio”. Gesù diceva le cose che udiva dal Padre. Non predicava il pensiero di Dio, ma lo ripeteva fedelmente. Come Gesù non si faceva guidare dalle proprie emozioni e dalle proprie idee, ma si atteneva fedelmente al pensiero, alla volontà e ai piani del Padre, così dobbiamo fare anche noi. Solo i piani di Dio sussistono e dobbiamo attenerci ai Suoi piani! Possiamo conoscerli solo stando continuamente in ascolto della Sua voce.

v.27 I farisei non capirono che Gesù parlava riguardo l’essere uguale a Dio il Padre, altrimenti avrebbero cercato di ucciderlo (come infatti tenteranno al v.59).

v.28 “Quando avrete innalzato il figlio dell’uomo”, cioè quando lo avrete crocifisso. Qui Gesù preannuncia la propria crocifissione, Lui infatti era consapevole sin dall’inizio, non solo che sarebbe dovuto morire, ma che alla morte sarebbe stato innalzato come il serpente di bronzo quando il popolo di Israele era nel deserto (Numeri 21:4-9, Giovanni 3:14, 12:32-33). Dopo la crocifissione e la resurrezione infatti, molti ebrei si convertirono, e compresero gli insegnamenti di Cristo e le profezie a Lui riguardanti. Il velo che copriva i loro occhi affinché non impedissero il sacrificio di Cristo, il Signore lo ha tolto.

“…non faccio nulla da me…”, Gesù spesso precisò di non operare di testa Sua, ma di operare in simbiosi, e dopo aver ricevuto il via libera del Padre. Agiva in base a cosa gli insegnava il Padre, e per fare questo passava ore al giorno in preghiera. Anche al giorno d’oggi ci sono uomini e donne di Dio che agiscono portando avanti la volontà di Dio, grazie al fatto che passano ore al giorno in preghiera. Per esempio Yonggi Cho passava 4 ore al giorno a pregare, la mattina appena sveglio.

v.29 “…è con me…”. Dio non ci manda ad agire, senza che Lui sia insieme a noi, altrimenti non riusciremmo. A volte pensiamo di poterci fidare dei doni naturali o spirituali, della capacità naturali o soprannaturali. Invece dovremmo percepire nello Spirito se Dio è con noi o no. Qualsiasi cosa, anche la più difficile al mondo come spostare le montagne, ci è possibile se Dio è con noi. Qualsiasi cosa, anche la più facile come avere una buona giornata, è impossibile se Dio non è con noi!

v.31-32 4 passi del vero credente sul cammino della salvezza:

1° Credere in Gesù Cristo come Messia, Luce del mondo, Dio (v.25, 30-31).

2° Perseverare con costanza nella lettura della Bibbia e nell’applicare gli insegnamenti di Cristo nella propria vita (v.31).

3° Conoscere la Verità, cioè Gesù (Giovanni 14:6), e avere un rapporto personale diretto con Lui, ascoltandolo e cercandolo quotidianamente.

4° Ottenere e vivere nella libertà dello Spirito ricevuta grazie a Cristo. Liberi da ogni legame religioso e carnale, camminando quotidianamente nella Verità e nella Luce (v.32).

v.37-40 C’è una grande differenza tra un discendente e un figlio. Il discendente può essere lontano dal proprio avo quanto l’oriente dall’occidente, il figlio nella cultura ebraica è erede e successore diretto nella gestione dell’impresa di famiglia. Il figlio porta avanti il nome e gli interessi della famiglia, ed ha a cuore la prosperità della famiglia. Questi farisei prima si autoproclamavano discendenti, e lo erano. Poi al v.39 cercavano di darsi arie e autorità, dichiarandosi figli di Abraamo, ma per esserlo, avrebbero dovuto applicare gli insegnamenti e il cuore di Abraamo.

v.47 Questo insegnamento è fondamentale per la nostra crescita spirituale. Tante persone pensano che basta studiare teologia, o frequentare dei corsi biblici, per crescere nelle vie di Dio. La lettera uccide ma lo spirito vivifica. Leggere e studiare la Bibbia in modo cerebrale per tenersi alla “lettera” tralasciando il cuore del messaggio e l’ascolto dello Spirito Santo, può essere inutile o addirittura dannoso. Molti religiosi finiscono in questo modo. Gesù ci esorta ad “ascoltare le parole di Dio”, che vanno oltre il testo scritto della Bibbia, ma vanno recepite, meditate e vissute nella potenza dello Spirito. Si dice che “la parola si spiega con la parola”, ma in realtà la Parola si capisce e si vive ricevendo la convinzione da parte dello Spirito Santo, lasciandosi lavorare in profondità.

v.58 Gesù usa ancora la forma enfatica greca, dichiarando “Proprio io esistevo molto prima di Abraamo, quando ancora non esisteva nessun altro”.

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