Luca – Capitolo 6

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v.1-11 Il giorno di Shabbat è fatto per la gloria di Dio, non per limitare l’uomo. Gesù è Signore del sabato e non il sabato signore sull’uomo. Per approfondimenti sul vero significato di sabato, leggere i commenti a Matteo 12:8 e Marco 2:27.

v.12-16 Gesù passò la notte a pregare prima di scegliere i 12. Fu necessaria la perfetta guida di Dio, soprattutto per scegliere uno come Giuda Iscariota. Come sarebbe potuto essere crocifisso, morire per i nostri peccati e risuscitare, se non fosse stato tradito da un “infiltrato” come Giuda? La scelta di Giuda, come di ogni altro discepolo, fu fondamentale per il ministero di Gesù e potè essere corretta e benedetta, solo perché Gesù rimaneva sempre in sintonia con il Padre e con lo Spirito Santo. Quanto più noi abbiamo bisogno di questa sintonia con Dio, nelle nostre questioni quotidiane!

I discepoli di Gesù non erano 12 come solitamente si dice. Erano 12 quelli “scelti”, ma il totale dei discepoli era di centinaia di unità. Troviamo in Luca che ne vengono inviati 70. Nell’alto solaio a Pentecoste ne troviamo 120 (tra i quali sicuramente i 70, con le donne) e tutti e 120 ricevono lo Spirito Santo, mentre in 1 Corinzi 15:6 si parla di più di 500 fratelli testimoni della risurrezione (quindi prima della Pentecoste). I 12 erano quelli individuati dallo Spirito Santo per un lavoro più stretto al fianco di Gesù.Questo è di spunto anche per noi oggi quando consideriamo l’importanza di una cellula e degli incontri in casa, fra le attività di una chiesa locale. L’uno non esclude, e non deve escludere, l’altro, in quanto tutti aspetti necessari per la crescita spirituale e numerica del corpo di Cristo. Per approfondire i differenti livelli di sviluppo e crescita della Chiesa, leggere commento a Atti 1:8.

v.14 Bartolomeo (=figlio di Tolomeo), in altri Vangeli chiamato Natanaele.

v.15 Matteo, autore del Vangelo omonimo, in altri Vangeli chiamato Levi.

v.19 Da Gesù “usciva un potere che guariva tutti”. Non dipende dal nemico, o dalla gravità della situazione o della malattia, dipende dal credere alla potenza di Dio. Noi possiamo limitare la Sua potenza con la nostra incredulità, nel senso che non chiedendo, non mettiamo il Signore in condizione di poter mostrare la Sua gloria. Queste folle invece andavano da Gesù, gli concedevano la possibilità, ed erano disposte a fare centinaia di chilometri a piedi, a volte senza mangiare. In alcuni casi le persone che non potevano camminare era portare sui lettucci, quindi lì c’era la fede del malato, ma anche di altre persone che dovevano abbandonare tutto per aiutare una persona che stava loro a cuore, e portarla dal Maestro. Questo ci fa capire che pregare per ricevere una guarigione, deve implicare un trasporto molto forte in noi, simbolicamente come se dovessimo fare un pellegrinaggio di centinaia di chilometri e rinunciare a cibo, lavoro e affetti per andare da Gesù.

Ancora una volta viene enfatizzato l’aspetto del “tocco”. Gli evangelisti ne parlano costantemente. Ciò ci fa capire che nel pregare per gli ammalati, dovrebbero essere imposte le mani fino a toccarli o essere toccati da loro. Toccare non per forza sulla parte malata, in quanto anche in questo brano vediamo che era la folla che toccava Gesù e non viceversa, per cui il “potere” non si libera dalle nostre mani per raggiungere solo la parte superficiale che tocchiamo, ma anzi, il vero potere di Dio si libera dallo Spirito che è in noi, ed entra nelle persone che entrano in contatto con noi, in guarigione e liberazione, siano essi credenti maturi, o semplicemente persone bisognose.

v.20-49 Questo “discorso della pianura” assomiglia molto al “Sermone sul monte” di Matteo 5-7. Ciò non vuol dire per forza che uno dei due sia un resoconto sbagliato o modificato, dell’altro. Può darsi invece che Gesù abbia trattato un argomento simile più volte nei 3 anni di ministero terreno.

v.27-36 Le direttive del nostro Maestro sono di non odiare, ma non solo. Agire proattivamente in favore delle persone “difficili”, o che sono tali almeno ai nostri occhi. E’ un azione soprannaturale: amarli, agire bene nei loro confronti, parlare bene di loro e pregare per loro, anche quando loro ci odiano, ci fanno del male, parlano male di noi e ci offendono pubblicamente o di nascosto. Dobbiamo morire a noi stessi, altrimenti il battesimo in acqua non ha praticamente valore. Se reagiamo con cattiveria a chi ci fa il male, vuol dire che ancora dobbiamo capire di morire a noi stessi e che dobbiamo vivere in Cristo, per la gloria di Dio. Solo in questo modo possiamo porgere l’altra guancia, ed essere chiamati figli dell’Altissimo. Contrariamente a quello che si dice, noi creature non siamo tutti figli di Dio, ma figli di Dio sono solo coloro che hanno misericordia con gli altri, anche con i “nemici”(v.35-36).

v.29 Porgere l’altra guancia vuol dire fare attenzione a non reagire con vendetta o orgoglio verso le brutte situazioni o le persone cattive. Non è un incentivare le persone a farci del male (=masochismo), ma imparare a non chiudersi in sé stessi, oppure a non contrattaccare. Gli argomenti in cui bisogna non contrattaccare sono quelli dei versetti seguenti e del brano parallelo di Matteo 5:38-48.

v.30 La nostra generosità deve essere palese, specialmente con coloro che non hanno alcun modo di ripagare. I nostri “prestiti” dovrebbero essere fatti a fondo perduto. Se poi rischi di finire in mezzo ad una strada, oppure di non dormire finchè non ti ritornano i soldi prestati, allora è meglio non dare niente e cercare la presenza di Dio per imparare la generosità del Suo cuore.

v.31 La religione insegna sempre tutto l’opposto della volontà di Dio. Non sta scritto “non fate agli altri quello che volete sia fatto a voi” come insegna la religione umana. Invece sta scritto “FATE agli altri, quello che volete sia fatto a voi”. La religione umana è “proibitiva”, cioè è concentrata sui divieti per spingere i propri adepti a non peccare, non fare il male, non trasgredire gli obblighi. La vera fede cristiana è “propositiva”, cioè Gesù spinge i credenti ad agire per fare il bene, agire per benedire Dio, agire per far conoscere la bontà di Dio e la liberazione che proviene dal credere in Lui a tutti. Inoltre la vera fede ci fa comprendere che quello che seminiamo, raccogliamo, per cui se seminiamo diffidenza, odio o indifferenza, raccoglieremo quello. Ma se invece vorremmo che le persone avessero fiducia di noi, ci amassero, ci stimassero e avessero interesse nei nostri confronti, questi sono gli atteggiamenti che dobbiamo manifestare per primi verso gli altri!

v.37 Gesù ci dice che non dobbiamo giudicare, ma anche che dobbiamo giudicare. Per approfondire come bisogna giudicare secondo gli insegnamenti di Gesù, leggere commenti a Matteo 7:1-6,15-20.

v.41-42 Per approfondire questo insegnamento, leggere commento a Matteo 7:3-5.

v.43-45 Per approfondire la cattiveria, il frutto e il giudizio secondo Gesù, leggere commento a Matteo 7:15-20.

v.46 Non serve a niente proclamarsi cristiani e non eseguire ciò che Gesù ha comandato, per esempio amando il prossimo anche quando ci fa del male e mettere Dio al primo posto nella nostra vita parlando di Lui con tutti a costo di essere uccisi. Solo chi esegue i comandamenti di Gesù, sarà veramente salvato dall’inferno.

v.47-49 Questa parabola ripete con altre parole, lo stesso concetto spiegato da Gesù in altri punti di questo capitolo, come in Matteo 7 e altre parti della Bibbia. Bisogna ascoltare (ciò ricevere con attenzione e meditare) ciò che Gesù ha insegnato e comandato, e poi bisogna metterlo in pratica. Gesù chiama continuamente a un vero cristianesimo attivo, mentre condanna le pallide imitazioni, i club di brave persone, gli abitudinari della domenica. Questo genere di persone verranno travolte nell’altra vita.

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