Marco – Capitolo 10

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v.1 Comincia qui la seconda parte del Vangelo di Marco, focalizzata sugli ultimi mesi terreni di Gesù, ambientati in Giudea, passando prima dalla Perea che è la regione davanti la Giudea, subito oltre il fiume Giordano, l’odierna Giordania.

v.2-12 Nel brano di Mosè, dove si parla dell’atto di ripudio e del divorzio (Deuteronomio 24:1-4), Dio non comanda e neanche elogia questa pratica. Semplicemente ne prende atto e legifera su come debba svolgersi e cosa sia assolutamente vietato, oltre all’adulterio colto in flagrante (è vietato il mandar via una moglie per qualcosa di “vergognoso” e risposarla dopo che lei era stata sposata con qualcun altro, o lo sposarsi con un’altra donna, dopo aver mandato via ingiustamente la moglie precedente). In questi modi veniva commesso adulterio e promiscuità in modo pubblico perché tutti lo avrebbero saputo e quindi in tutto e per tutto equiparabile all’adulterio colto in flagranza. Dio, tranne in alcuni casi gravi e pubblici, non vuole incitare la ricerca dei peccatori per la lapidazione, Lui non ama il giustizialismo e il legalismo, per cui cerca di non legiferare in questi argomenti delicati consapevole che altrimenti avrebbe alimentato l’ipocrisia religiosa. Il pensiero di Dio è chiaro “l’uomo lascerà suo padre e sua madre, si unirà a sua moglie, e i due diverranno una sola carne”. Non c’è spazio per il divorzio, eppure avviene anche se Dio non vuole, però mette alcuni paletti per evitare l’esagerazione sia di chi pecca sessualmente, che di chi pecca di ipocrisia e legalismo: cose causate dalla durezza del cuore. Se invece fossimo “morbidi” di cuore, quindi amassimo Dio e il nostro prossimo, non cadremmo in queste situazioni e non servirebbe neanche parlare di divorzio (per approfondire in quale caso il divorzio è consentito, leggere Matteo 19:9 e relativo commento).

E’ molto interessante il termine greco usato qui per indicare che l’uomo si unirà a sua moglie: proskolletèsetai (origina da “proskollào”) da cui deriva il nostro termine italiano “colla”. Quindi tra l’uomo e la donna sposati, non c’è una semplice “unione”, ma letteralmente nel testo greco si “incollano”, per cui per divorziare si deve creare un danno in quanto la separazione originaria ormai è stata riempita dalla “colla”.

v.12 Gesù non fa differenze di genere quanto a diritti e doveri, ma solo di compiti, infatti è vietato sia all’uomo che alla donna ricorrere al divorzio se non è per colpa dei peccati sessuali del coniuge. L’uomo moderno invece mostra la propria ignoranza non capendo che i diritti e i doveri sono una cosa, i compiti che abbiamo davanti a Dio e davanti agli uomini sono un’altra. Il modernismo rifiuta i compiti e lo scopo dell’essere umano, ma l’essere umano senza uno scopo diventa sfrenato, egoista e assassino.

v.13-14 Gesù spiega che seguirlo non è solo per adulti, o per privilegiati. Anche i bambini devono essere illuminati dal messaggio di Cristo. Chiunque evangelizza e ammaestra i bambini con gli insegnamenti di Cristo, non svolge un compito inferiore di chi ammaestra, evangelizza e predica agli adulti, ma anzi svolge un compito di uguale importanza. Inoltre questo compito dovrebbe essere svolto da tutti i veri discepoli di Cristo, nel senso che, non solo non dobbiamo scandalizzarli, ma anzi dobbiamo “monitorare”, cioè lasciare libera e permettere, la crescita spirituale dei bambini.

v.15 Gesù coglie l’errore dei discepoli oltre che per spiegare che siamo tutti chiamati a favorire l’evangelizzazione e la crescita spirituale dei bambini. Anche per spiegare che dobbiamo smettere di essere altezzosi, legati a titoli e qualifiche, ma anzi dobbiamo fare tutto nella semplicità, senza malizia e senza arroganza, vivendo fiduciosi nelle braccia e nelle capacità di Dio e non nelle nostre. Dobbiamo dipendere dal Padre e non contare sulla nostra autorità o sui nostri talenti. Il Regno di Dio si riceve in semplicità e non per meriti. Con gioia e non essendo seriosi.

v.17-18 Il giovane ricco si è avvicinato a Gesù definendolo “maestro buono” (quindi non riconoscendolo come Dio, ma dichiarando che un essere umano qualsiasi può raggiungere da sé o tramite la religione, un alto livello di bontà). Gesù qui non sta sminuendo la propria bontà, ma non può consentire che un essere umano possa essere dichiarato buono, solo Dio è buono!

v.19-24 In questo brano non viene condannato la ricchezza, ma l’amore per la ricchezza, che causa idolatria. Al posto della ricchezza però potrebbe esserci qualsiasi altra cosa, infatti l’amore per qualsiasi cosa, anche per i nostri cari, se supera il nostro amore per il Signore, allora diventa idolatria. Può essere incredibilmente “facile” adempiere i comandamenti dati da Dio a Mosè quando questi non toccano la nostra idolatria interiore. La “prova del 9” è se siamo disposti a rinunciare a tutto per amore del Signore. Ciò non vuol dire che dobbiamo effettivamente rinunciare a tutto, ma di sicuro dobbiamo far scendere qualsiasi cosa è al primo posto nel nostro cuore. Il nostro amore per il Signore deve essere visibile, consistente, pratico e visibile. Quando amiamo qualcuno vogliamo passare più tempo possibile con quella persona, pensare a quella persona e identificarci con quella persona. Gesù qui ha avuto una “parola di conoscenza” rivelata dallo Spirito Santo che gli ha mostrato il problema del giovane ricco.

v.25-27 La salvezza è possibile grazia a Dio e non grazie all’uomo, l’importante è aver fiducia in Dio e non in sé stessi, in altre persone o nelle cose (ricchezze, etc…). Dio non condivide la propria gloria con nessuno! Dio dice: “io non darò la mia gloria a un altro,

né la lode che mi spetta agli idoli” (Isaia 42:8).

v.30 Può capitare che perdiamo tutto a causa di Cristo, ma guadagnamo di più. Già in questa vita, se per seguire Gesù veniamo rinnegati dai nostri cari e dai nostri amici, guadagnamo una famiglia spirituale molto più grande della nostra naturale di provenienza. Per “chiesa”, nella visione moderna, viene identificato un edificio chiuso per la maggior parte della settimana, mentre invece “chiesa” è un luogo spirituale di scambio e benedizione fra coloro che credono. In questo brano Gesù ci dice che se perdiamo i nostri cari, le nostre case e molte altre cose preziose per noi, per il Suo nome, ne otteniamo già qui in terra cento volte di più (tra benedizione di Dio, e comunione con i fratelli). Ovviamente siamo avvisati che ci sarà persecuzione verso i veri credenti, ma il sapere che possiamo avere 100 volte più benedizioni qui, e la vita eterna nella vita a venire, ci da forza.

v.31 Purtroppo molti primi (ricchi, apparentemente benedetti, religiosi, apparentemente spirituali, leader di chiesa) saranno ultimi, e molti ultimi saranno primi. Dio guarda la sostanza e non all’apparenza o al “titolo”. Molte persone che sembrano preminenti, oppure sono in ruolo di leader sopra altri e teoricamente dovrebbero essere guide spirituali che accedono per primi nel Regno, in realtà saranno ultimi. Mentre molti che apparentemente non ricoprono ruoli o incarichi particolarmente in vista (come preghiera, intercessione, evangelizzazione, o lavori umili e pratici come pulizie in chiesa o sistemare problemi elettrici, audio, etc…) saranno primi.

v.32 “salendo a Gerusalemme” perchè venivano dal Giordano, vicino al Mar Morto (in ebraico Mare del sale), ed erano a circa 400 metri sotto il livello del mare, mentre Gerusalemme è a circa 800 metri di altitudine sul livello del mare. Quindi il dislivello totale è di circa 1200 metri.

v.33-34 Questa profezia di Gesù preannuncia dettagliatamente cosa gli sarebbe successo.

v.42-44 Ancora una volta il Maestro spiega che nella fede cristiana non si deve fare a gara o la guerra per diventare primi e capi, ma semmai per diventare ultimi. Ciò non vuol dire non fare niente, anzi, c’è molto da fare: servire, amare e aiutare gli altri. L’importante è non cercare la propria gloria, ma quella di Dio, non mettersi in evidenza, ma mettere in evidenza Dio (vedi anche il versetto 31).

v.45 Come al solito, quando Gesù impone o comanda qualcosa, è il primo a mettere in pratica il comando. Lui chiede cose difficili, ma le compie per primo. Lui è il “primo” a essere ultimo, ha servito fino alla morte, per questo riferito alla risurrezione dei morti per entrare nel Regno dei Cieli, sta scritto “ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta” (1 Corinzi 15:23) Ci comanda di servire, ma Lui è il primo ad aver lasciato la gloria nel cielo e l’essere servito dagli angeli, per venire qui a servire e a pagare con la Sua vita per la nostra salvezza.

Lui non diede la Sua vita per “tutti”, ma per “molti”. Nel senso che è venuto per amore di tutti (Giovanni 3:16), e Dio stesso “vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità” (1 Timoteo 2:4), ma il sacrificio in croce ha efficacia di salvezza solo per chi si pente dei propri peccati, muore a sé stesso e vive in Cristo e per Cristo. Dio vorrebbe salvare tutti e il sacrificio in croce può avere valore per tutti, ma troppi uomini seguono il proprio orgoglio e la propria falsa sapienza e non vogliono umiliarsi e riconoscere il proprio bisogno di salvezza.

v.46-52 Per approfondire, leggere anche il brano simile dei due ciechi guariti, in Matteo 20:29-34 e commento.

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