Marco – Capitolo 12

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v.1-12 Questa parabola parla dell’amore e della cura che ha avuto Dio per Israele (non chiarisce se più per la “terra” o più per il popolo, ma comunque per Israele). I vignaioli sono coloro che avrebbero dovuto pascere, curare e ammaestrare Israele, nel dettaglio sono i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani che lo avevano interrogato (13:27). I servi (profeti) e il Figlio (Gesù) sono stati battuti e uccisi per prendere l’eredità. La cura di Israele, l’amore per esso e l’evangelizzazione, verrà assegnata ad altri, cioè ai gentili. Cristo è la pietra che è stata rifiutata dai costruttori ed è divenuta “pietra angolare” (anticamente la pietra angolare era la pietra più importante e forte su cui veniva scaricato tutto il peso dell’edificio). I religiosi capiscono che Gesù parlava di loro, della loro ipocrisia, del loro desiderio di successo e di posizione. Come loro, tutti i responsabili, ma anche tutti i credenti visto che siamo sacerdoti (Apocalisse 1:6), hanno la responsabilità di curare spiritualmente gli altri e di evangelizzare, in special modo Israele, ma anche il resto del mondo, partendo da “Gerusalemme” nel senso che è il luogo dove abitiamo e dove abbiamo già amici e contatti.

v.14 Interessante l’analisi che farisei ed erodiani fanno di Gesù (facendo un mega-autogol) “noi sappiamo che tu sei sincero, e che non hai riguardi per nessuno, perché non badi all’apparenza delle persone, ma insegni la via di Dio secondo verità”. E’ proprio vero, Dio guarda i pensieri e i desideri delle persone e non si interessa dell’apparenza, invece i religiosi ipocriti guardano l’apparenza (v.15). Se qualcuno soffre e viene lasciato dal coniuge, o tradito dal coniuge, i religiosi danno addosso alla persona tradita e ferita dicendo che ha sbagliato questa persona, invece di consolarla. Ma se qualcuno adultero in segreto, oppure divorziato e risposato si avvicina a un religioso, viene accolto anche se magari lo fa per interesse e non di puro cuore. Il religioso guarda alle apparenze, Dio al cuore (=pensieri e ambizioni).

v.17 Qui Gesù mostra una sapienza e una furbizia senza pari tra gli uomini, per uscire da un tranello creato dagli ipocriti. E in tutto questo riesce a rendere gloria a Dio. Riassumendo, noi siamo apparteniamo ad un regno/stato terreno e quindi dobbiamo rispettare le leggi e le tasse del regno/stato terreno. Ma apparteniamo e proveniamo da un regno spirituale in quanto fatti di spirito. Per cui dobbiamo rispettare anche le leggi spirituali che Dio ci ha dato tramite la Sua Parola vivente e dobbiamo “pagare le tasse” che Lui ha stabilito nel darci vita, cioè che apparteniamo a Lui e dobbiamo vivere per Lui. Per diffondere il Suo nome e la Sua gloria. Non siamo in questo mondo per creare insurrezioni (come volevano i farisei) o per portare avanti idee politiche o ideali umani (come volevano gli erodiani), per portare avanti il Regno di Dio.

V.18 I sadducei erano una setta giudaica molto influente, che credeva nell’ispirazione divina solo della Torah scritta (il nostro Pentateuco, cioè i primi 5 libri della Bibbia, da Genesi a Deuteronomio), mentre non credevano nella Torah orale, quello che in seguito venne trascritto sotto il nome di “Talmud”, e non credevano nei libri canonici dei profeti. Inoltre non credevano nella risurrezione dei morti, e quindi nella vita dopo la morte, nel paradiso e nell’inferno.

v.19 Questa domanda prende il via da un’analisi umana e sbagliata di Deuteronomio 25:5-6, riguardo la Legge del levirato, cioè il garantire una proprietà e una discendenza a tutti i figli di Israele, seguendo l’ordine tribale e familiare, assegnando un territorio a ogni israelita, garantendo fonti di sussistenza e delle possibilità eque per tutti. Di conseguenza se un uomo moriva senza lasciare una discendenza, per non dimenticare il nome e la famiglia di quell’uomo, e per non far vivere la vedova in indigenza o schiavitù, era richiesto che un fratello del defunto si unisse alla donna per suscitare la discendenza e mantenere una crescita totale ed equa del popolo di Israele.

v.24 Le Scritture e la Potenza di Dio sono due cose che i sadducei ignoravano, come anche molti religiosi e leader “spirituali” moderni. Poi ci sono quelli che puntano solo su uno, o solo sull’altro. La fede cristiana invece si basa sia sulle Scritture, che sulla Potenza di Dio, e noi dobbiamo conoscere entrambi, per non cadere in ipocrisia, e in una religione cristiana di nome, ma non di fatto.

v.25 Su in cielo non avremo moglie o marito, ma vivremo come angeli, cioè senza aver bisogno di un legame specifico con una persona in particolare.

v.26-27 Gli ipocriti sadducei hanno cercato di mettere Gesù in difficoltà con un brano della Torah scritta, e Gesù li svergogna con la stessa Torah. Il brano di riferimento è Esodo 3:6 dove Dio si presenta come Dio dei “patriarchi”, considerandoli viventi anche se erano nella tomba da secoli “Egli non è Dio dei morti, ma dei viventi”. Questo per dimostrare che c’è una vita dopo la morte, mentre noi tendiamo a pensare limitatamente al tempo attuale su questa terra.

v.29 In questo versetto Gesù comincia i due comandamenti con l’introduzione del famoso “Shemà”, la preghiera ebraica più usata e conosciuta che è tratta da Deuteronomio 6:4.

v.30 Equivalente a Deuteronomio 6:5. Amare significa dedicarsi al bene dell’altro, per quello che vuole l’altro e non che noi vogliamo sull’altro. Per cui amare Dio significa fare e dire ciò che gli è gradito. Come quando amiamo qualcuno, viviamo, parliamo bene, facciamo regali, passiamo del tempo, pensiamo e cerchiamo il bene di quel qualcuno, allo stesso modo il Signore che ci ha dato la vita, ci comanda di dedicarci assiduamente a Lui. Cuore, anima, mente e forza, vogliono esaurire l’idea totale del nostro essere. I nostri pensieri, sentimenti, impegni fisici e lavorativi, devono concentrarsi su Dio, sul Suo bene, e sulla Sua gloria. In questo brano, rispetto al riferimento di Deuteronomio, Gesù aggiunge la “mente”, in quanto nella cultura ebraica il cuore (Levav) include in sé sia il concetto di mente, che il concetto di sentimenti, ma non è così in greco, la lingua in cui è scritto il Nuovo Testamento.

v.31 Riferimento a Levitico 19:18. Questo comandamento vieta la superbia e l’egocentrismo, in quanto dobbiamo dare agli altri lo stesso amore che diamo a noi stessi, e non di meno. Evita anche lo spirito di inferiorità in quanto ci impedisce di amare il prossimo più di noi (anche se si tratta dei nostri figli, o del nostro coniuge). Gesù ci guida in una vita di equilibrio, e con questi due comandamenti, che sono un riassunto della Torah, ci mostra la strada giusta. Ogni altra legge o comandamento è riassunta in questi, o inferiore a questi.

v.33 Come dice lo scriba, e come tacitamente conferma Gesù, i sacrifici e tutti gli atti religiosi che sono richiesti da Dio, non devono scavalcare i due comandamenti, e non devono guidarci all’ipocrisia religiosa.

v.35-37 Il Cristo (cioè il Messia promesso agli ebrei) sta scritto che dovesse essere “figlio di Davide” cioè un liberatore di discendenza regale ebraica, eppure il Salmo 110:1, qui citato da Gesù, lo presenta come “Signore” di Davide. Nella grossa preparazione degli scribi, essi comunque non riuscivano a capire che il Messia sarebbe stato Dio e uomo insieme, che sarebbe venuto due volte sulla terra (prima e seconda venuta) e che era davanti a loro.

v.38-40 L’essere umano è continuamente ingannato dall’apparenza e dal titolo. Spesso ci basta vedere una persona responsabile di una chiesa, o che predica, e quindi siamo tentati a fidarci ciecamente di essi. Invece dobbiamo sempre guardare il frutto di chiunque, specialmente dei responsabili religiosi, di chiesa e leader di ogni genere. Se danno l’impressione di seguire l’apparenza e il proprio riconoscimento, allora è meglio allontanarsi da costoro il più rapidamente possibile.

v.41-44 Lo spicciolo era 1/64 di una paga giornaliera, quindi circa 1€ odierno, quindi la vedova ha versato 2€. Può sembrare poco in rapporto alla decima degli altri ricchi e benestanti che poteva essere di centinaia o migliaia di euro al mese, però loro hanno versato solo una decima che era il loro superfluo, lei invece ha versato “tutto quello che aveva per vivere” cioè 10 decime che è 10 volte di più di una decima!

Gesù conferma la necessità del dare le offerte e le decime. Anche se si è nell’indigenza, “…nella sua povertà, vi ha messo tutto ciò che possedeva…”, siamo chiamati ad investire i nostri beni naturali per l’avanzamento del Regno di Dio. Ciò significa che i nostri soldi, le nostre case, automobili e qualsiasi altra cosa, è bene utilizzarli per la gloria di Dio. Oggi come allora, anche se il tempio era gestito da guide cieche e ipocrite, comunque funzionava come luogo della gloria di Dio. Per cui siamo chiamati a fare la nostra parte per sostenere la chiesa locale e le missioni nel mondo.

Non è questione di quantità, ma di percentuale. Infatti per i ricchi è facile dare molto intaccando solo una minuscola percentuale della loro ricchezza, ma così loro danno via solo il superfluo, non è un sacrificio e non è un segno d’amore. Molte rockstar, calciatori e multimiliardari oggi fanno lo stesso, ma non dobbiamo farci ingannare dal loro superfluo pensando che abbiano fatto chissà quale gesto di amore. E’ meglio invece lo “spicciolo” della vedova, che è “tutto quello che aveva per vivere”, dato per il Signore. Lui vuole tutto di noi. Uno è più di mille, se uno è tutto quello che hai.

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