Matteo – Capitolo 18

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v.3 Dobbiamo cambiare e diventare come bambini. La fede è una dipendenza fiduciosa e semplice. Chi è indifeso non ha alcuna risorsa propria o capacità da mostrare. I bambini non hanno opere meritorie da vantare, esperienze di vita e obiettivi raggiunti da presentare a Dio, ma possono presentarsi in umiltà e semplicità.

Dobbiamo umiliarci davanti a Dio e chiedergli costantemente di operare, di manifestarsi, di provvedere. Solo in questo modo vedremo meraviglie. Se ci poggiamo sulle nostre capacità, o ci vantiamo dei nostri risultati e talenti, allora non avremo l’Onnipotente all’opera con noi.

v.12-14 Il Padre vuole che nessuno si perda. Operare con il Padre significa impegnarsi a raggiungere coloro che si smarriscono e recuperarli, specialmente i piccoli nella fede.

v.15-17 Se qualcuno pecca contro di noi o ci offende, o manca di rispetto, abbiamo il compito di chiarirci cercando di recuperare il rapporto per “guadagnare” i fratelli. Se non ne vuole sapere allora dobbiamo coinvolgere altri fratelli come mediatori, e infine la chiesa.

v.18 Il corpo dei credenti, la chiesa, quando è retta davanti a Dio, non motivata da spirito di parzialità e divisione, ma con amore cerca di aiutare i fratelli a rimettersi sulla giusta strada, ha l’autorità davanti a Dio e ai cieli di dichiarare se qualcuno si è sviato ed è fuori dal cammino di Dio o no. In caso di rifiuto allora la persona sviata non deve svolgere incarichi e deve essere trattata da incredula, non da appestata.

v.19-20 Il Signore accorda qualcosa richiesto da 2-3 persone. Non serve tutta la chiesa, o un numero particolarmente alto di persone. Queste persone devono essere radunate nel nome di Gesù, cioè chiedere quello che chiederebbe Lui e onorerebbe Lui. Inoltre è da notare che questi due versetti sono all’interno del capitolo sul perdono e sull’essere semplici come bambini, per cui non si tratta di chiedere beni materiali, ma di ristabilire rapporti, oppure di legare operatori del maligno.

v.24 Il talento romano valeva 6000 denari. Il denaro equivaleva alla paga giornaliera, quindi un talento valeva più o meno 300mila€ (50€ x 6000). Il debitore aveva un debito di 10mila talenti quindi 3 miliardi€ (300mila€ x 10 mila talenti). Stiamo parlando di una cifra stratosferica, nessun uomo può indebitarsi per una cifra così alta! Questo però è il debito che abbiamo nei confronti del Re (di Dio), e che Gesù ha pagato col sangue per coloro che si pentono del proprio io e vivono per Lui!

v.28 Il conservo aveva un debito di solo 100 denari, quindi circa 5000€. Bastavano solo 3-4 mesi di lavoro per ripagarlo, eppure non ebbe pietà. Ma questo fece infuriare il Re, che aveva avuto compassione per il servo condonandogli il debito immenso, mentre il servo non aveva voluto condonare il piccolo, a paragone, debituccio del conservo.

v.21-35 Non ci sono giustificazioni per non perdonare, e non ci sono limiti per non perdonare. Il perdono di cui abbiamo bisogno noi, da parte di Dio, è sempre infinitamente più grande di quello che possiamo esigere da altri esseri umani peccatori come noi che possono averci fatto qualche torto. Per cui se ci facciamo arroganti e prepotenti, richiedendo di avere ciò che è nostro, e che vengano riparati i torti fatti a noi, nostro Dio potrebbe fare altrettanto con noi e avrebbe molte volte più diritto! Invece per grazia ci condona i debiti e le colpe. Così dobbiamo fare noi, altrimenti ne otterremo la condanna.

Il perdono di Dio per le nostre infinite mancanze è il frutto della grazia di Dio: noi peccatori non possiamo fare nulla per salvarci e condonare il debito che abbiamo, non c’è alcuna opera, neanche se facessimo un record di opere come nessuno al mondo. Ma se ci pentiamo e riconosciamo le nostre mancanze, Dio fa valere il sacrificio e il sangue di Cristo per coprire le nostre colpe e le nostre mancanze.

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