Matteo – Capitolo 22

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v.1-13 Gli invitati alle nozze sono il popolo di Israele, o perlomeno le figure dei religiosi, cioè i farisei, gli scribi e i capi. Loro avevano ricevuto l’invito più volte, rifiutandolo per seguire le proprie idee e la propria religione. Addirittura poi si permettono di battere i servi portatori del messaggio del Re. A quel punto il Re offre l’invito a chiunque pur di festeggiare il proprio Figlio, e fa venire tutti, buoni o cattivi che siano, basta che vengano. Tra quelli che vengono c’è una figura, un uomo che non indossa l’abito da nozze. Tutti quanti sono stati chiamati di corsa quindi non hanno potuto prepararsi a casa, senza contare che fra loro probabilmente qualcuno non poteva neanche permettersi un abito di nozze, o comunque non lo aveva, pertanto il Re avrà sicuramente messo a disposizione abiti per gli invitati. Quest’uomo senza abito di nozze è qualcuno che volontariamente non ha voluto vestirsi adeguatamente. Qualcuno che va in chiesa, ma non ha ricercato Dio. Che si professa cristiano, ma non è interessato al Regno di Dio. Che preferisce la propria giustizia e la propria volontà invece di quella del Padre celeste. Qualcuno che stima i propri “costumi” migliori di quelli di Dio. Uno che non è morto a se stesso e non è rinato in Cristo. Questo genere di persone è detestabile ed andrà all’inferno. Dio non ci accoglie con la nostra giustizia carnale, dobbiamo lasciarla e prendere la Sua!

v.14 In altre parole Gesù sta dicendo che il messaggio della salvezza chiama tutti o comunque chiama moltitudini di persone, ma pochi sono “eletti”, cioè quelli che rispondono e si umiliano davanti a Dio. Il calvinismo insegna che la chiamata di Dio è efficace solo in quelli che Lui “sceglie”. Ma ciò contrasta con una grande quantità di versetti (Giovanni 3:16, Atti 10:35, 1 Giovanni 2:2, etc…) che spiegano come il sacrificio di Cristo abbia coperto i peccati di tutto il mondo, e che la condanna è dovuta solo al personale rinnegamento di umiliarsi di fronte a Cristo. In un certo senso è come nelle elezioni: lo Stato chiama tutti a prendere parte attiva e a candidarsi per il bene del paese, pochi poi si candidano veramente e ancora meno persone vengono elette tramite i voti degli elettori. In Cristo i molti chiamati, devono “candidarsi” e agire da Suoi discepoli. Se sono sinceri e operano nello Spirito crescendo di fede in fede, allora Dio li “elegge”. Non è per meriti, ma per grazia verso chi vive in fede, Dio però ci prepara delle buone opere affinché le compiamo (Efesini 2:10) e non possiamo ignorare l’avanzamento del Regno di Dio lavandocene le mani come Pilato. Siamo chiamati a vivere per il Signore e non per noi stessi, solo allora verremo “eletti”.

v.18 Discernimento degli spiriti o dono di conoscenza. Qui Gesù “conoscendo” le loro intenzioni ingannevoli, li affronta di petto. Questa è un’altra manifestazione anticipatoria dei doni spirituali che poi sarebbero stati a disposizione dei credenti dopo aver ricevuto lo Spirito Santo (1 Corinzi 12).

v.21 Gesù dichiara che vanno pagate le tasse, e bisogna essere sottomessi alle autorità: autorità terrene per quanto riguarda le questioni terrene, alle autorità spirituali (Dio) per quanto concerne le questioni spirituali. Quando le due autorità si contrastano, prevale Dio, che ha creato tutto.

v.29 Per non sbagliare nella vita, abbiamo bisogno di conoscere due cose fondamentali: le scritture e la potenza di Dio. Alcuni sono tentati solo a conoscere uno o l’altro. Ma con solo uno o l’altro si può essere ingannati e cadere comunque, o nella religione legalista, o nella spiritualità fasulla. Il piano di Dio include sia le scritture che la potenza di Dio.

v.32 Gesù cita Esodo 3:6 per far capire che quando Dio aveva detto questa frase, non si era sbagliato, volendo dire: “Io sono stato il Dio di Abrahamo…..”, oppure “Io ero il Dio del defunto Abrahamo….”, ma voleva dire che in quel momento, anche se i patriarchi erano morti, in realtà erano vivi. Quindi quel versetto annulla qualsiasi idea che possa non esserci vita dopo la morte. Anzi Dio che vive nell’altro mondo spirituale, afferma di vedere e sentire i patriarchi, ed essere il loro Dio, visto che Lui è Dio dei viventi. Quindi c’è una vita dopo la morte, molto più lunga (eterna) di quella attuale su questa terra.

v.37-40 Questo brano è un riassunto dei dieci comandamenti e di tutte le altre leggi e precetti dell’Antico Testamento. La Legge non è cattiva, anzi, ci indirizza ad andare a Dio nella nostra umiltà, ricercando l’amore verso Dio e verso il prossimo, e riconoscendo le nostre mancanze. La Legge mostra la nostra impossibilità di meritare la salvezza, e il nostro bisogno della grazia di Dio. Ciò però non vuole giustificarci dal fare le “buone opere che il Signore ha precedentemente preparato affinché le compiamo” (Efesini 2:10). Esempio supremo di buone opere, sono appunto l’amare Dio più di noi stessi, e amare il prossimo come noi stessi. Il riassunto e l’attuazione della Legge è l’amore. Ma non un amore stucchevole o poetico, ma pratico, empatico e che porta la liberazione e la guarigione di Dio nella vita delle persone in modo tangibile. La liberazione e la guarigione vengono solo dallo Spirito di Dio e dal vivere pienamente il messaggio della Buona novella, per cui amare gli altri significa anche condividere con loro la speranza che viene da Dio, autore di gioia, speranza e vita.

v.41-45 Gesù mostra la perfetta conoscenza delle verità spirituali. I farisei e qualsiasi credente che non si fa guidare dalla rivelazione dello Spirito, non può capire le profondità di Dio. E’ impossibile far conciliare nella figura del Messia, l’essere figlio di Davide e quindi discendente regale, con l’essere “Signore” di Davide (come profetizzato nel Salmo 110:1). E’ un mistero e un miracolo che può solo Dio, e noi possiamo comprenderlo solo annullando la nostra intelligenza umana e ricevendo la rivelazione dello Spirito: il Signore si è incarnato diventando figlio di Davide, ma era contemporaneamente Signore e uomo (Re).

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